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Spaccaossa, dai medici un contributo all'inchiesta: «Mai viste cose simili»

Gli incidenti erano falsi, studiati a tavolino. Ma i danni fisici, spesso permanenti, erano veri. Veri in tutta la loro crudezza e crudeltà. Il caso degli spaccaossa, che ieri ha portato alle prime 19 condanne definitive, ha svelato un mondo fatto di orrori, di pratiche dolorosissime per camuffare gli imbrogli.

Era una realtà macabra quella portata alla luce dalla Procura di Palermo con le operazioni Tantalo 1 e Tantalo 2, fatta di massacri di gente che si faceva bastonare (nella migliore delle ipotesi) e letteralmente spaccare le ossa per poche centinaia di euro. Erano mostruosità, definite così dagli stessi medici degli ospedali che visitavano i pazienti e poi facevano le diagnosi, tra mille dubbi e sospetti.

Chi erano le vittime degli spaccaossa

Le vittime consenzienti erano tossicodipendenti, persone con problemi mentali o dipendenti dall’alcol, o più semplicemente persone con gravi difficoltà economiche alla ricerca disperata di denaro. Solo la disperazione poteva guidare la scelta di farsi ferire volontariamente, di farsi rompere le ossa rischiando danni irreparabili o anche la morte come nel caso del giovane tunisino Yakoub Hadri che perse la vita per un infarto, come fu accertato dall'autopsia, dopo le fratture che gli furono causate.

Spaccaossa, come venivano provocate le fratture

Le carte dell'inchiesta hanno raccontato di cavie alle quali veniva promesso di incassare 300 euro per la frattura di un braccio e 500 euro per quella di una gamba. Si facevano gettare addosso pesi di ghisa da 25 e 30 chili che spezzavano le loro ossa. Era quella la prova degli incidenti (procurati), indispensabile ad avviare la pratica per i risarcimenti. Scene raccapriccianti, atrocità da far venire la pelle d'oca anche agli stessi medici che dovettero assistere buona parte delle vittime.

«Non avevo mai visto cose simili. Una situazione che mi ha fatto male», raccontò a inizio indagini al Giornale di Sicilia Leonardo Motisi, allora direttore del reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale Buccheri La Ferla. «Erano poveracci in situazioni difficili - aggiunse -. Molte fratture che hanno riportato non guariscono completamente. Ricordo qualcuno che addirittura prese una grossa botta al braccio, aveva riportato lesioni del nervo radiale, che dal punto di vista chirurgico e terapeutico sono molto impegnative da affrontare».

Spaccaossa, le segnalazione dei medici decisive alle indagini

Non a caso, proprio dagli ospedali arrivarono i primi contributi alle indagini della magistratura. Era il periodo a cavallo tra il 2017 e il 2018 e in quelle settimane fu registrato a Palermo un aumento ingiustificato di fratture. A stupire erano anche le analogie tra i vari infortuni, una decina tutti uguali nell'arco di pochi giorni. Come spiegò lo stesso Motisi, nella maggior parte dei casi erano rotture dell’omero o dell’avambraccio o associazioni tra una frattura dell’arto inferiore e una dell’arto superiore. Ed erano infortuni la cui diagnosi non trovava corrispondenza nei racconti delle vittime degli spaccaossa.

Un altro elemento che insospettì i medici era la provenienza dei pazienti, quasi sempre dalla via Oreto e raramente giungevano in ambulanza. I dubbi dei sanitari si trasformarono in segnalazioni alle forze dell'ordine, strumenti decisivi per completare il puzzle degli orrori.

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