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Mafia delle Madonie, per due arrestati accuse di abusi su minore e maltrattamenti a moglie e figlia

Alcuni degli arrestati nell’operazione antimafia dei carabinieri, che ha colpito i clan mafiosi delle Madonie, non sono accusati solo di estorsioni e traffico di droga, ma anche di abusi sessuali nei confronti di una minorenne e maltrattamenti in famiglia. Sono padre e figlio, Giuseppe e Pino Rizzo, e avrebbero commesso reati che i mafiosi hanno sempre ritenuto, secondo il loro «codice d’onore», tra i più deprecabili.

Pino Rizzo, 54 anni, ritenuto lo storico esponente del mandamento di Cerda e della famiglia di Campofelice di Roccella, è accusato, infatti, di avere abusato di una quindicenne con cui aveva anche legami famigliari. Suo padre, Giuseppe Rizzo, 84 anni, avrebbe invece ripetutamente picchiato, insultato e vessato la moglie e la figlia solo perché gli avrebbero cucinato troppo spesso pasta e lenticchie e perché avevano osato affacciarsi al balcone. È quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Fabio Pilato che ha portato a 13 arresti.

L’indagine è stata coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Il giudice ha ritenuto provati entrambi i reati: la violenza sessuale sulla ragazzina è stata ripresa il 28 luglio del 2021 da una telecamera installata dagli inquirenti, mentre i maltrattamenti in famiglia emergono da una serie di intercettazioni effettuate tra il 2 aprile 2020 e il 31 gennaio 2021.

Secondo la Procura, Pino Rizzo avrebbe toccato più volte il seno alla quindicenne. «L'ipotesi - conferma il gip - è confermata non soltanto dal contenuto delle conversazioni in cui esplicitamente si commentava l’indegno comportamento di Rizzo, ma soprattutto dai filmati registrati dalla videocamera installata nel terreno di Campofelice in uso a Pino Rizzo unitamente all’audio captato dalle periferiche occultate in quel sito». Nelle immagini, girate alle 16.59 del 28 luglio del 2021, si vedrebbe Rizzo molestare la ragazza e poi la vittima indietreggiare per sottrarsi alla violenza. Il padre, invece, avrebbe ripetutamente picchiato la moglie e la figlia, insultandole. «Cosa inutile», «put...»: questi alcuni degli appellativi che avrebbe utilizzato, non esitando - secondo l'accusa - a prendere a schiaffi, calci e pugni nel viso la figlia, oltre a stringerle il collo, provocandole lividi ed escoriazioni, ma anche picchiando la consorte, arrivando a gettarla sul letto e costringendola a rapporti sessuali non consensuali. «Cafudda, cafudda (picchia ndr) sempre», dicevano le due donne, riferendo anche di comportamenti che Rizzo avrebbe imposto loro, minacciandole di rappresaglie nel caso in cui avessero trasgredito.

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