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Mafia di Cerda, Rizzo jr sbeffeggiava il reggente Piraino e lo chiamava «paperino»

Attriti al vertice della famiglia mafiosa di Cerda, contrasti sulle strategie da mettere in campo sul fronte della richieste di pizzo. Nelle pagine dell’inchiesta sui mandamenti mafiosi della provincia, sfociata martedì nell’operazione dei carabinieri con 13 arresti, emergono frizioni tra Pino Rizzo, considerato l’erede naturale dello zio Rosolino alla guida della cosca, e il reggente del clan, indicato dagli inquirenti in Luigi Antonio Piraino, personaggio già condannato per 416 bis, il quale, da semplice soldato, approfittando di un temporaneo vuoto di potere dovuto ai numerosi arresti, avrebbe assunto il ruolo di comando del sodalizio criminale. Entrambi sono finiti in manette tre giorni fa (28 febbraio) nel blitz.

Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Fabio Pilato su richiesta del pool di magistrati della Dda coordinato dall’aggiunto Paolo Guido, ci sono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Filippo Bisconti, un tempo alla guida del mandamento di Belmonte Mezzagno e profondo conoscitore delle strategie di Cosa nostra per la ricostituzione della Cupola. Il reggente Piraino veniva criticato per le richieste estorsive a tappeto ritenute da Rizzo jr poco remunerative. Nelle conversazioni riservate intrattenute con terzi soggetti, Rizzo jr ha duramente contestato e, talora, anche apertamente - ma non in presenza del destinatario - «sbeffeggiato» il reggente, descrivendolo come una persona divenuta capomandamento dal nulla (e senza alcun merito) e addirittura chiamandolo dispregiativamente «paperino».

Un servizio completo di Virgilio Fagone nell'edizione di Palermo del Giornale di Sicilia in edicola oggi

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