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L'omicidio di Aurora Labruzzo nel 1998, la telefonata interrotta e le 64 coltellate

Il palazzo di via Pianell e a destra Vincenzo Serio in una foto dell'epoca

È la mattina del 22 luglio del 1998, Aurora Labruzzo - moglie del proprietario di uno dei ristoranti più famosi di Palermo, il Regine - è al telefono con la madre. D’un tratto sente bussare alla porta, non il campanello, un toc toc con le nocche, abbandona per qualche istante la conversazione. Quando torna all’apparecchio, saluta la madre frettolosamente: «Ci sentiamo dopo», le dice.

Sarebbe stata la sua ultima telefonata. Aurora Labruzzo fu trovata priva di vita, assassinata con 64 coltellate. Per il delitto fu condannato Vincenzo Serio, 44 anni, accusato di omicidio a scopo di rapina. Ergastolo in primo grado, 28 anni in appello. Serio adesso è stato arrestato a Fidenza (Parma) dai carabinieri di Pioltello e Milano per essere evaso, dopo avere rotto il braccialetto elettronico, dai domiciliari che stava scontando dopo una denuncia per maltrattamenti ai danni della moglie.

La ricostruzione dell'omicidio di Aurora Labruzzo

La chiusura precipitosa della telefonata, come ha raccontato la trasmissione televisiva Blu Notte diversi anni fa, allarma la madre di Aurora Labruzzo. Solitamente, spiega la signora agli investigatori, fra di loro parlavano in dialetto siciliano. Quella frase in italiano, pronunciata con un tono frettoloso e una punta di apprensione, la preoccupa. L’inquietudine cresce quando Aurora non richiama più la madre, che comincia ad allarmare le figlie e il marito. Dal ristorante una delle figlie chiama più volte casa, senza ottenere risposta. Il marito si precipita a controllare e la scena che si presenta davanti ai suoi occhi è agghiacciante: nella stanza da letto la trova a terra, distesa sul fianco destro in una pozza di sangue.

La casa è in disordine, mancano diversi oggetti e soldi, a un primo sguardo sembra una rapina finita male, ma agli inquirenti, immediatamente giunti sul posto, in quell'appartamento nel palazzo di via Pianell numero 17, nel quartiere di Brancaccio, qualcosa non torna: ad essere stati rubati, infatti, sono stati soltanto oggetti appartenenti alla vittima. In casa c’erano altri valori, alcuni anche più preziosi, appartenenti ai figli e al marito, che però non sono stati toccati.

A rendere ancora più inquietante la situazione è una chiamata, arrivata alcuni giorni dopo al numero del ristorante, nel quale un uomo afferma: «Non vi sono bastate le coltellate? Volete per forza le bombe, dovete chiudere il ristorante». Ma si rivelerà la chiamata di uno sciacallo.

Le indagini appurano che la signora non avrebbe mai aperto la porta a nessuno in vestaglia. E scartano ogni ipotesi all'interno della famiglia. L'assassino non è uno che ha le chiavi dell'appartamento, dunque. Ma come ha fatto a entrare? L’unica modalità di accesso è arrivare al balcone della casa di Aurora Labruzzo, passando da un altro balcone e ce n'è uno solo possibile, quello dell'appartamento a lato. Difficile passare da un balcone all'altro, ma non impossibile.

Il balcone in questione appartiene ad una casa in cui vive la famiglia Serio, composta da padre, madre e tre figli. Uno di loro, Vincenzo, ha circa vent’anni ed è già noto agli inquirenti per furto dei gioielli di proprietà della sua stessa madre. La puntata di Blu Notte racconta anche che il ragazzo fa uso di droga e ha una personalità disturbata: difficilmente riesce ad instaurare un rapporto con le sue coetanee, preferisce intrattenere relazioni con donne più grandi di lui. Relazione violente come testimoniato da una telefonata intercettata dalla polizia, nella quale una donna chiude il suo rapporto con Vincenzo Serio per la violenza che più volte era andata vicina a subire.

Le tracce individuate dagli inquirenti, orme nel corridoio e impronte digitali in una cassetta di sicurezza, combaciano. È il 15 dicembre 1998 e la polizia irrompe in casa di Vincenzo, nel giro di pochissimi minuti il ragazzo è ammanettato e seduto nella macchina che lo porta in questura. Lui nega, ma le prove sono schiaccianti. Così, il 29 febbraio del 1999, confessa al magistrato: Aurora stava pulendo i vetri di quel balcone, quando Vincenzo la nota, la osserva per un po’ fin quando squilla il telefono e la donna si allontana per parlare con la madre. A quel punto il raptus: Serio prende un coltello e scavalca il balcone, entra in casa e punta la donna. Ma non può agire, Aurora sta parlando al telefono e gli serve un diversivo: va alla porta e bussa con le nocche. La mamma al telefono non sente il suono del campanello, infatti. Aurora Labruzzo va a controllare e mentre guarda dallo spioncino senza vedere nessuno alle sue spalle. Vincenzo la costringe, minacciandola con il coltello, a chiudere la telefonata. Poi si fa dare i gioielli, forse per dare un senso al suo gesto, e infine la uccide. Con 64 coltellate.

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