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L'agricoltore di Cerda ucciso, l’interesse di Ferrara per Luana: «Mi sono meritato il suo posto»

Luana Cammalleri e Pietro Ferrara

«Io penso di averti dimostrato più che sufficientemente alla grande cosa sarei capace di fare per te... io dovrei essere già al mio posto insieme con te a gestire quello che si può gestire, cercare di pensare di fare le cose belle sistemate, di portare avanti determinati progetti e tutto il resto». Carlo La Duca, l'imprenditore agricolo di Cerda, era sparito il 31 gennaio 2019 e il 7 maggio dello stesso anno Pietro Ferrara parlava così con la moglie del suo migliore amico, Luana Cammalleri. I due indagati, finiti in carcere per omicidio e soppressione di cadavere, aspettano l'esito del ricorso al riesame discusso venerdì dagli avvocati Accursio Gagliano e Giovanni Marchese.

La linea della difesa tende a scindere la questione morale dei due amanti dall'accusa di essere gli assassini dell'imprenditore agricolo, sottolineando come non ci siano riferimenti all’omicidio fra le numerose conversazioni intercettate. Movente economico, quello su cui carabinieri e Procura hanno fatto leva e che emerge dalle carte dell'ordinanza del Gip Marco Gaeta, perché con la morte di La Duca, che si era separato dalla moglie e aveva una nuova relazione, l'eredità dell'azienda di famiglia sarebbe passata alla donna e ai figli. Sospetti su un accordo forte, fra Ferrara e Cammalleri, che avrebbe permesso all'operaio di prendere in mano l'attività che a Cerda e a Termini Imerese aveva i terreni su cui Carlo avrebbe progettato di realizzare un mandorleto e per il quale si era informato alla Regione.

La questione dei contributi per quella coltivazione era stata tirata fuori proprio da Ferrara davanti alle telecamere di Chi l'ha visto? per far sapere che non era lui l'ultima persona che La Duca aveva visto quella mattina nella sua proprietà di Ciaculli. Che La Duca aveva un altro appuntamento prima di raggiungere la sua fidanzata a Cinisi. Un'ipotesi tramontata in fretta quella dell'allontanamento volontario, a cui i familiari di Carlo (assistiti dall'avvocato Salvatore Pirrone) non hanno mai creduto.

«Più volte la Cammalleri – rileva il gip -, ben istruita dallo stesso Ferrara, ribadiva che “Carlo aveva fatto la sua scelta”, “aveva preso la sua decisione”: tali espressioni, usate in maniera costante dalla Cammalleri rappresentano il frutto di quello che è stato il continuo atteggiamento da parte degli indagati, rappresentare ciò che avrebbero detto all'esterno...» ma c’era «nel linguaggio degli indagati, il loro costante riferirsi in modo criptico a ciò che realmente avevano posto in essere: l'uccisione di Carlo La Duca». «Nelle conversazioni captate fra i due amanti - rilevano gli inquirenti - quasi mai gli stessi si riferiscono a Carlo La Duca con toni di speranza né i due amanti parlano mai del dolore legato alla scomparsa di Carlo...». Anzi, non avrebbero esitato a «denigrarlo appellandolo con le parole figlio di puttana e cornuto».

E poi c'erano i sogni di Cammalleri, quelli che il gip definisce «metafore oniriche e necromantiche in cui evidenziano la loro ossessione rispetto al povero Carlo La Duca lamentandosi del fatto che lo spirito di quest'ultimo li tormenta... che vuole vendicarsi “e se la scuttanu su di te” e che vuole che sorgano in loro sensi di colpa per quello che hanno fatto e pensato». E Pietro: «Perché lui si fa vedere come un santo, ti fa capire che è stato sempre un santo e quella cattiva sei tu... ti vuole fare pentire ovviamente di quello che tu hai pensato». E se la moglie di La Duca parlava di quelle ossessioni notturne, anche Ferrara, intercettato si lasciava scappare riferimenti all'amico che non c'era più: «A che sei sola dentro, là sopra accendigliela una candelicchia, un lumino, almeno gli si rinfresca pure l'anima».

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