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Contagi in risalita in Sicilia, si fa largo Omicron 2 e tornano i focolai negli ospedali

I primi casi in Sicilia di Omicron 2, sorella gemella di Omicron, erano stati registrati a fine gennaio. Erano 4 i pazienti positivi a un virus considerato più contagioso ma non troppo aggressivo.

Oggi la sottovariante della mutazione sudafricana è molto più diffusa nell'Isola, tanto che si suppone sia la responsabile della risalita dei contagi riportata nei bollettini degli ultimi giorni. Basti pensare che altri due casi sono stati individuati nelle scorse ore al Policlinico di Palermo, ma il bilancio è certamente molto più alto.

Proprio negli ospedali sono state registrate molte positività nell'ultima settimana, al punto da considerarli focolai veri e propri, come quello nel reparto di Oncologia dell’ospedale Giglio di Cefalù. La conseguenza è stata lo stop ai ricoveri per 72 ore e il trasferimento dei pazienti al Covid hospital di Partinico.

Ma non è stato l'unico focolaio di questo inizio di marzo: altri ne sono esplosi al Civico, al Buccheri La Ferla, a Villa Sofia, all’Ingrassia.

Omicron 2 e i cluster sono i principali indiziati della risalita dei contagi, che di fatto sta riportando la Sicilia indietro di un mese con oltre settemila nuove infezioni registrate nell'ultimo bollettino, come non accadeva dallo scorso 10 febbraio, e riportando l'Isola in testa per numero di casi tra le regioni italiane.

Preoccupa, in particolare, la situazione nelle province di Trapani e Agrigento, dove i contagi sono in crescita da almeno una settimana, ma è sorvegliata speciale anche Palermo, dove il virus, «negli ultimi giorni sta evidentemente accelerando, forse perché la popolazione», spiega il commissario per l’emergenza Covid della provincia, Renato Costa in un articolo di Andrea D'Orazio sul Giornale di Sicilia in edicola, «ha abbassato la guardia dimenticando le semplici regole di profilassi». Due le ragioni secondo Costa: «Da un lato, l’aria di “smobilitazione” che ormai si respira e che diventa più tangibile man mano che ci avviciniamo al 31 marzo. Dall’altra, la guerra in Ucraina, che nei media e nell’opinione pubblica ha fatto passare in secondo piano l'epidemia. Sembra quasi che l’emergenza sia già finita, ma non è così, anche se c’è meno pressione sugli ospedali e la variante Omicron non è molto aggressiva».

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