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Alberto Carrotta, il grande pilota delle gare di rally coinvolto nell'inchiesta sull'Ast

Alberto Carrotta, imprenditore, ex pilota di rally

Nell’epoca d’oro dell’automobilismo, quando la stella di Ninni Vaccarella stava già spegnendosi, Alberto Carrotta era l’altra metà del cielo.

Ai più giovani il suo nome potrà dire poco o nulla ma di Carrotta c’è un giudizio di Miki Biasion, due volte campione del mondo di rally, che vale come una investitura: «Un avversario durissimo». Il piede destro di Carrotta è stato pesantissimo. Fra i Settanta e i primi anni Ottanta poteva vantarsi di essere l’unico siciliano pilota ufficiale di una grande casa. Significa che un marchio storico - in questo caso prima la Opel, poi la Ford e infine la Renault - gli aveva affidato una sua macchina per correre nelle gare più prestigiose. Nessun siciliano c’è mai più riuscito.

La sua specialità sono stati i rally. E ovviamente in Sicilia ha dato il meglio di sé. Ha vinto un Conca d’Oro ed è stato fra i protagonisti anche alla Targa Florio, pur non vincendola mai. Per questo motivo il suo nome non è solo negli almanacchi di questo sport. È il nome di un protagonista, ricco di talento, che ha lasciato l’attività agonistica solo per il suo lavoro. Una scelta che gli è costata. E parecchio.

Negli anni Novanta Carrotta ha fondato una compagnia aerea, la Sifly, che rimase travolta da una sciagura aerea: quella di Pristina, dove un volo umanitario per portare aiuti all’Albania si schiantò uccidendo tutti i passeggeri. Fu un colpo durissimo per Carrotta. Che in seguito abbandonò il ramo delle compagnie aeree e restò nel mondo dell’imprenditoria, limitandosi al trasporto su strada.

In fondo, la strada è sempre stato il terreno su cui il suo talento si è espresso meglio. Anche se perfino un talento come il suo non è riuscito a domare l’Ast. L’inchiesta di ieri, in cui è coinvolto come amministratore della Officine del turismo, gli ha procurato una interdizione dai pubblici uffici per 12 mesi.

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