Francesco Zummo, 89enne imprenditore di Palermo plurindagato e socio dell’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino, è finito ai domiciliari con le accuse di riciclaggio e autoriciclaggio aggravati dalla transnazionalità nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Palermo alla quale hanno collaborato la Dda di Napoli e la Procura Anticorruzione albanese che hanno eseguito altre misure cautelari. Arrestato anche il commercialista Fabio Petruzzella, fratello di un magistrato palermitano: longa manus del costruttore, lo avrebbe aiutato a far sparire, sottraendoli alla confisca, 19 milioni, spostati sul conto di una banca a Tirana.
Zummo e Petruzzella sono accusati di riciclaggio e autoriciclaggio. Le Direzioni Distrettuali Antimafia di Napoli e Palermo hanno eseguito due distinti provvedimenti cautelari (rispettivamente, un decreto di fermo ed un’ordinanza di custodia cautelare) nell’ambito di due inchieste collegate su traffici illeciti internazionali. In particolare, la Procura di Palermo, diretta da Francesco Lo Voi, ha eseguito i due arresti ritenendo che esistano gravi indizi in operazioni di riciclaggio e autoriciclaggio internazionale e di fraudolento trasferimento di valori, di grosse somme di denaro mafioso derivato dal «sacco di Palermo» e dal traffico internazionale di stupefacenti conosciuto come Pizza Connection.
I pm hanno disposto anche il sequestro della somma di circa 20 milioni di euro, depositata in Albania, e il sequestro di prevenzione per circa 30 milioni di euro (in esecuzione di decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale), recuperando i beni sottratti all’esecuzione del decreto di confisca emesso nei confronti di Francesco Zummo.
Nell’ambito della maxi inchiesta su traffici internazionali illeciti che ha coinvolto le procure di Palermo e Napoli, portando a una misura cautelare e un decreto di fermo, l’ufficio inquirente di Napoli, diretto da Giovanni Melillo, ha individuato un’associazione criminale dedita al riciclaggio ed al traffico internazionale di enormi quantitativi di stupefacenti, scoprendo anche il ruolo di alcuni indagati coinvolti nelle vicende oggetto di indagine della Procura di Palermo. Le indagini, avviate all’indomani del sequestro, eseguito nel giugno del 2020 nel porto di Salerno, di oltre 17 tonnellate di stupefacenti (di cui Kg. 2.884,5 di hashish e Kg. 14.191,88 di captagon), hanno condotto all’individuazione di una sofisticata banda, con basi in Albania, Italia e Svizzera, che importava grandi quantitativi di cocaina e hashish dal Sudamerica e dal Nordafrica e al riciclaggio dei relativi, enormi profitti. Le indagini della Dda si sono avvalse della collaborazione - realizzata anche mediante l’attivazione di una Squadra Investigativa Comune - del Ministero Pubblico della Confederazione Svizzera e della Polizia Giudiziaria Federale (Divisione Criminalità Economica) di Lugano.
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