Sequestro da oltre 17 milioni nei confronti di Vincenzo Gammicchia, 71 anni, imprenditore palermitano che opera nel settore dei pneumatici.
La sezione misure di prevenzione, su richiesta della Procura di Palermo, ha infatti emesso un provvedimento di sequestro di aziende, disponibilità patrimoniali e finanziarie.
L'imprenditore viene indicato dagli inquirenti come "contiguo alla criminalità organizzata e a disposizione di Cosa Nostra per investire nelle proprie attività risorse di provenienza illecita riconducibili alle famiglie mafiose dei Galatolo e dei Fontana".
Nelle operazioni sono stati impegnati oltre 50 finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, con il supporto di elicotteri della sezione aerea di Palermo, che hanno sottoposto a sequestro aziende, quote societarie, immobili, conti correnti bancari, polizze assicurative, cassette di sicurezza, auto e moto. L'attività di indagine è stata condotta dai militari del Gico, coordinati dai procuratori aggiunti Marzia Sabella e Sergio Demontis, che hanno sottoposto al setaccio atti giudiziari e informazioni patrimoniali, che riguardano un arco temporale di oltre 40 anni.
LE INDAGINI. Nel 2015 un gazebo nella rivendita Gammicchia a Palermo fu distrutto da un incendio. Non si sarebbe trattato di racket, ma di una punizione perché Gammicchia avrebbe comprato all'asta il bene appartenuto a un mafioso.
Dell'elenco dei beni sequestrati fanno parte due imprese e cinque punti vendita a Palermo; l'80% delle quote societarie di un Consorzio che si occupa di revisione dei veicoli; 25 immobili (appartamenti e magazzini), tra i quali due ville San Lorenzo e a Isola delle Femmine; 44 rapporti bancari, 10 polizze vita e 2 cassette di sicurezza; 11 fra autoveicoli e motoveicoli. Le imprese proseguono l'attività in amministrazione giudiziaria.
"L'attività odierna, conferma l'azione che la guardia di finanza palermitana svolge - spiega il comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria Gianluca Angelini - nell'ambito delle indagini delegate dalla Procura, a contrasto dei patrimoni di origine illecita con la duplice finalità di disarticolare in maniera radicale le organizzazioni criminali mediante l'aggressione delle ricchezze illecitamente accumulate e di liberare l'economia legale da indebite infiltrazioni della criminalità consentendo agli imprenditori onesti di operare in regime di leale concorrenza".
LE DICHIARAZIONI DEI "PENTITI". Sono state riscontrate le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Secondo i pentiti, le fortune imprenditoriali di Gammicchia sono iniziate grazie ai soldi investiti nelle aziende dalle famiglie mafiose Galatolo e Fontana dei quartieri Acquasanta e Arenella. Secondo gli inquirenti alla fine degli anni '70 si sarebbe prestato ad occultare e schermare risorse di provenienza illecita; all’inizio degli anni '80 i fratelli Giuseppe e Vincenzo Galatolo avrebbero investito nella rivendita di pneumatici di Gammicchia 100 o 200 milioni di lire "per farlo iniziare".
L’imprenditore avrebbe messo a disposizione i suoi locali per gli incontri fra i mafiosi (che avrebbero atteso lì il via libera per due omicidi) e forniva i duplicati delle chiavi delle macchine dei clienti per agevolarne il furto. Secondo le indagini Gammicchia non avrebbe pagato il pizzo perché godeva della protezione dei boss, ma avrebbe chiesto e ottenuto aiuto dai mafiosi per scoraggiare l’apertura del negozio di un concorrente nei pressi della sua attività. I pentiti raccontato che una testa di capretto piazzata sulla recinzione dell’area dove doveva aprire la nuova impresa e una telefonata convinsero l’imprenditore a fare marcia indietro.
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