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Palermo, in un panificio i summit di mafia della Noce: scatta il sequestro

Il panificio sequestrato dalla polizia

Sequestrato a Palermo un panificio in via Ruggerone da Palermo nel cuore del quartiere Noce e due immobili in largo Di Vittorio, nel quartiere dello “Sperone”, per un valore complessivo stimato di circa 300.000 euro.

L'operazione è stata condotta dalla polizia in esecuzione di un provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo - Sezione misure di prevenzione nei confronti di Nicolò Pecoraro, classe ‘92, ritenuto soggetto socialmente pericoloso perchè “contiguo” a cosa nostra.

In particolare, è emersa la sua vicinanza alla famiglia mafiosa della Noce, decimata dall'operazione antimafia denominata “Settimo Quartiere” della squadra mobile di Palermo. Nel corso del blitz, che ha consentito di ricostruire il nuovo organigramma del clan, il 18 maggio del 2018 fu arrestato anche Pecoraro, accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso e di fittizia intestazione di beni.

Dalle indagini è emerso che inizialmente avrebbe ricoperto un ruolo meramente esecutivo all’interno di cosa nostra, soprattutto in occasione dell’organizzazione della festa rionale; successivamente, i membri più influenti, dopo aver prezzato il suo contributo, lo indicarono come “segretario particolare” del capofamiglia, Giovanni Musso, per conto del quale ha aperto un panificio in fondo La Manna, intestandosi in modo fittizio la titolarità. Il panificio, unità locale di quello intestato a Pecoraro in via Ruggerone da Palermo (oggi sequestrato), divenne la nuova base operativa della famiglia mafiosa della Noce, che in precedenza si riuniva in una sala scommesse nella vicina via Branci.

La nuova sede dell’esercizio commerciale ha rappresentato uno degli strumenti utilizzati da Musso per impartire le proprie disposizioni, per risolvere eventuali questioni portate alla sua attenzione e per incontrare i  sodali. Dalle indagini e dagli accertamenti patrimoniali nei confronti di Pecoraro e del suo nucleo familiare è emersa una notevole sproporzione economica tra i redditi leciti dichiarati, ben inferiori alle ordinarie spese di mantenimento, e gli investimenti patrimoniali effettuati, cosa che ha confermato l'impiego di risorse finanziarie di illecita provenienza.

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