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Processo Stato-mafia: assolto in Appello l'ex ministro Mannino

Assolto anche in appello l’ex ministro Dc, Calogero Mannino, che rispondeva di attentato mediante violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario. La decisione è della Corte presieduta da Adriana Piras. Il 6 maggio scorso, al termine della requisitoria, i sostituti pg Sergio Barbiera e Giuseppe Fici avevano chiesto 9 anni, la stessa proposta dai pm in primo grado. La difesa - sostenuta dagli avvocati Carlo Federico Grosso e Grazia Volo - aveva invece sollecitato la conferma della sentenza di primo grado, ossia l’assoluzione che era giunta al termine del rito abbreviato nel procedimento Stato-mafia.

«Oggi parla la sentenza che conferma l’assoluzione e le assoluzioni in tutti gli altri processi in cui sono stato trascinato in questi anni. Adesso spero sia finita qui». Così commenta al telefono, Calogero Mannino. L'ex ministro stamattina era presente in aula poi - quando la Corte è entrata in camera di consiglio - ha scelto di non essere al palazzo di giustizia al momento della sentenza.

L’assoluzione in primo grado era arrivata il 3 novembre 2015. Il processo in abbreviato, avviato nel maggio 2013, ma entrato nel vivo dopo una serie di rinvii solo il successivo dicembre, rispondeva di attentato mediante violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario. A maggio 2017 è iniziato il processo di secondo grado.

Il 15 dicembre 2016 il deposito dell’appello. Primo firmatario il procuratore della Repubblica, Franco Lo Voi, che pure non è formalmente titolare di un processo, quello sulla trattativa Stato-mafia, da lui «ereditato» dalla gestione Messineo-Ingroia dell’ufficio inquirente di Palermo.

L’assoluzione di Calogero Mannino venne impugnata dai pm del pool coordinato dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi: sentenza illogica, contraddittoria, viziata in fatto e in diritto. Così Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene contestavano la decisione del gup Petruzzella di scagionare Mannino, accusato di avere avuto un ruolo nei presunti accordi tra pezzi delle istituzioni e pezzi di Cosa nostra, nella stagione delle stragi del '92-'93.

 

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