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Mafia, il no di Tommaso Inzerillo alla nuova cupola: "I giovani si pentono"

Il capomafia Tommaso Inzerillo

Il timore che le nuove leve si pentissero, in caso di arresto, aveva indotto il capo mafia Tommaso Inzerillo, fermato ieri nel blitz New Connection, a non partecipare alla riunione della nuova cupola. Inzerillo dubitava della "tenuta" delle nuove leve di Cosa nostra così come viene fuori da un'intercettazione del 22 gennaio 2019.

Inzerillo, cugino del boss Totuccio ucciso nella prima guerra di mafia l'11 maggio 1981 a Palermo, parla con Giuseppe Spatola e Gabriele Militello di Leandro Greco, nipote del 'papa' di Cosa nostra Michele, designato a entrare nella neo costituita commissione di Cosa nostra. "Quello ha ventiquattro anni, appena entra dentro si svuota (collabora, ndr)", dice.

Greco però è stato poi arrestato, ma non ha collaborato con i pm. A differenza di altri due capi mafia finiti con lui in manette, Colletti e Bisconti, che si sono pentiti. I timori avrebbero indotto Inzerillo a rifiutare di partecipare alla riunione in cui venne deliberata la ricostituzione della Cupola e preferì mandare un suo uomo, Giovanni Buscemi. "A Giovanni è venuto pure qua, per me ci potete andare io l'ho cacciato ... voleva ancora che quello viene pure ... gli ho detto: ...inc... voleva che ...inc..., ma vattene ...", dice.

In un'altra intercettazione, Tommaso Inzerillo ricorda la guerra di mafia coi corleonesi. "E' divampata per una parola sbagliata, un equivoco", dice l'8 dicembre 2017 incontrando Michele Micalizzi e il figlio pregiudicato mafioso Giuseppe. "Ci troviamo a questo punto, a questo punto per una parola, a te ti sembra scherzo, è finito il mondo per una parola, un fratello non può dire una parola?".

Il dialogo è intercettato dagli investigatori. Micalizzi risponde: "E' finita anche la parola". E Inzerillo: "Una! La sto dicendo qua, a parola d'onore".  'Che stai dicendo pure tu... se tu rifletti, tirando le somme, perché stavano con Riina, basta che ci sta... una, una parola, no due, capace che neanche Riina, se quello rifletteva a questo punto non ci saremmo, mi spiego, ce ne hai, ma levati, può essere che se rifletteva a questo punto, magari, io riflettevo, perché mi volevi...".

Parlando con un altro mafioso residente in America, Tommaso Inzerillo, ricordava la fuga negli Usa. "Il divieto era da allora, come ti stavo dicendo, è una situazione di mio cugino, che alcuni se ne stanno andando in America... Altri, per dirti che qua c'è, siamo tutti bloccati, siamo grandi. Ora vediamo, ora con questa morte (si riferisce a quella di Totò Riina, ndr)... Lo vedi se Dio ce ne scampi fosse morto mio cugino e Stefano (Bontade, ndr) restava vivo". Il riferimento è alla possibile vendetta che Bontade, capo mafia di Villagrazia trucidato da Riina, avrebbe messo in atto se fosse rimasto vivo. "Quello, vedi che li azzerava", risponde l'interlocutore. "Minchia... Mamà... Cento picciotti... Centoventi erano con lui", commenta Inzerillo.

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