PALERMO. Svolta nelle indagini sul duplice omicidio di Falsomiele a Palermo. Nella notte sono stati fermati i due coniugi che già ieri sera erano stati interrogati dai pm come sospettati dell'agguato mortale.
La mafia, dunque, non sembra avere nulla a che fare con la morte di Vicenzo Bontà, il genero del boss Giovanni Bontade, e di Giuseppe Vela, bracciante che lavorava sui terreni che il primo gestiva nella zona di Villagrazia. Sono finiti in manette due insospettabili: Carlo Gregoli, 52 anni, impiegato presso i servizi cimiteriali del Comune, e sua moglie Adele Velardo, 45 anni, casalinga. Per entrambi l'accusa di omicidio.
Poco prima dell'omicidio, una telecamera sistemata davanti al cancello di una villa, ha ripreso il loro Suv Toyota e la Fiat 500 di Bontà. Pochi minuti dopo l'auto dei due fermati torna indietro. C'è anche un testimone che ha visto un uomo di spalle mentre sparava.
Con questi indizi è scattato il provvedimento di fermo. Ma i coniugi non hanno confessato e ancora non è chiaro il movente.
"La coppia non ha confessato - dice Rodolfo Ruperti, che dirige la squadra mobile - e non ha collaborato neppure davanti ad alcune evidenze; marito e moglie hanno continuato a negare un coinvolgimento nel duplice delitto. Ma noi abbiamo tutti gli elementi investigativi che ci portano dritti ai due".
Grazie alle immagini riprese da una telecamera e dal racconto di un testimone ci sarebbero pochi dubbi su quanto avvenuto ieri mattina. "Riteniamo che siano entrambi coinvolti in questa tristissima vicenda - dice Ruperti - Sulle cause stiamo ancora cercando di capire, al momento la pista mafiosa sembra non esserci più, anche se si deve chiarire il movente. Abbiamo elementi - aggiunge Ruperti - che ci fanno ritenere che hanno sparato con due armi. Grazie ad alcune attività tecniche, siamo riusciti a fornire alla Procura della Repubblica, che poi ha emesso un provvedimento di fermo per i gravi indizi a carico della coppia".
R.C.
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