
PALERMO. Non c'era un omicidio così, dalla crudeltà in questo fatto, dai tempi di Totò Riina». A dirlo è Francesco Urso, uno dei giovani nipoti del boss Pietro Vernengo, che è stato fermato ieri con l'accusa di aver tentato di uccidere Luigi Cona, lo scorso 3 ottobre, nella sua friggitoria di via dell'Allodola, a Palermo.
È lui - come confessa in una conversazione con la nonna - ad aver portato con sé Salvatore Sciacchitano, detto Mirko, che - poco più di tre ore dopo - sarà crivellato di colpi davanti a una sala scommesse di via della Conciliazione, come ritorsione per aver partecipato alla gambizzazione di Cona. La brutalità del delitto - organizzato in poco tempo da alcuni presunti componenti del clan di Santa Maria di Gesù, fermati anche loro - emerge dalle testimonianze e dalle intercettazioni raccolte dai carabinieri.
Sciacchitano sarebbe stato sorpreso da un commando a bordo di una Panda rossa, composto - per gli inquirenti - da Domenico Ilardi, Francesco e Gabriele Pedalino, e Antonino Profeta, mentre a un centinaio di metri, i presunti mandanti del delitto - Salvatore Profeta e Giuseppe Natale Gambino - avrebbero assistito alla scena in silenzio (lo rivela una microspia sulla loro auto, che registra nitidamente i colpi di pistola, ma non un solo commento degli occupanti). Mentre il giovane avrebbe cercato di scappare, gridando ripetutamente «non ho fatto niente», i suoi assassini l'avrebbero rincorso.
Quando la vittima aveva tentato di scavalcare una recinzione per sfuggire alla morte, sarebbe stata riacciuffata per le gambe - tanto che il corpo era stato ritrovato coi pantaloni in parte abbassati - e poi finita con colpi ravvicinati alla testa. Secondo alcune testimonianze, i killer avrebbero addirittura sputato sul suo cadavere. Una punizione esemplare, in cui era rimasto ferito anche Antonino Arizzi, che si trovava con Sciacchitano, e particolarmente gradita a Cona e alla sua famiglia: questi infatti non solo sarebbe andato a ringraziare di persona, muovendosi ancora con le stampelle, i presunti assassini che l'avrebbero vendicato, ma avrebbe anche regalato loro due bottiglie di champagne e li avrebbe invitati a pranzo. «Ti ha portato due bottiglie di champagne», dice Francesco Pedalino al figlio Gabriele il 2 novembre scorso e poi aggiunge: «Luigino (Cona, ndr) è venuto a chiamare a me... ”vi porto a mangiare fuori”».
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