PALERMO. “A Ballarò serve la presenza delle istituzioni: occorre ritornare a investire sull’educazione dei giovani e sulla prevenzione”. Fare sentire insomma che lo Stato c’è, esiste e vuole occuparsi dei bisogni della gente. È questo in sintesi il commento di Don Enzo Volpe, direttore del centro salesiano Santa Chiara, con sede nell’omonima piazza e che da anni opera nel quartiere, al fianco delle comunità di migranti, delle famiglie e degli adolescenti.
Ballarò, un quartiere dalle tante “componenti frammentarie”, cuore pulsante del centro storico palermitano, tra il suo mercato e i suoi prestigiosi monumenti (spesso lasciati nel degrado), le sue scuole e associazioni, la sua multiculturalità; ma anche sede del malaffare, della microcriminalità e dello spaccio. Ballarò dalle tante forme e colori. “Una zona con interessi ed esigenze diverse – spiega don Enzo -, che può rialzarsi dal degrado solo se si va verso un progetto comune, se ci si mette insieme, in rete, partendo anche dal risolvere e migliorare le piccole cose”.
Nei recenti fatti di cronaca, a partire dall’incendio al pub Ballarò, emerge il profilo di un quartiere problematico, ancora forse lontano dall’accettare la legalità. È davvero così?
"Non occorre puntare i riflettori su Ballarò durante eventi straordinari di cronaca, come quelli che sono accaduti in questi giorni. L’attenzione su questo quartiere, su questa zona importante del centro storico, sui suoi problemi e bisogni andrebbe affrontata sempre, nell’ordinario e nella quotidianità. Anzi, una delle cause principali dell’arretratezza di questa parte di città è l’assenza delle istituzioni, nonché la loro presenza nella straordinarietà. Un’assenza che, in un quartiere difficile, finisce per generare e alimentare interessi 'altri', a legittimarli. La presenza delle istituzioni deve tornare a farsi sentire. Non per reprimere, ma per educare".
DAL GIORNALE DI SICILIA DEL 23 SETTEMBRE
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