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Palermo, il rogo al pub sequestrato al boss: Ballarò resta terra di nessuno

Nell’area dell’incendio è cambiato poco: musica senza regole, alcol e stupefacenti. L’assessore Marano: aiutiamo chi ha subìto l’intimidazione

PALERMO. La movida scorre come l’alcol e la droga a Ballarò. A fiumi e quasi senza freni. L’incendio di mercoledì notte al pub sequestrato ai prestanome del boss Giovanni Nicchi? Come se nulla fosse successo. Nessuno ne parla, in via Nunzio Nasi e dintorni.

C’è chi festeggia il compleanno con le Forst a un euro e cinquanta, chi gioca a briscola tra un sorso e l’altro seduto sugli sgabelli o sulle cassette di birra, proprio accanto alla saracinesca ancora annerita dalle fiamme del locale che una cooperativa di imprenditori che hanno denunciato il pizzo sta provando a rilanciare. «Ci siamo affidati alla procura — dice Giuseppe Todaro, portavoce del consorzio “Insieme si può”, impegnato nell’attività di rilancio del pub — e abbiamo piena fiducia nel suo operato. Noi faremo esclusivamente una valutazione economica. Avevamo investito ventimila euro, ma dopo il rogo dobbiamo ancora quantificare i danni».

Insomma, Todaro non si sbilancia sul futuro del progetto, ma di sicuro c’è che gli assalti all’esercizio di via Nunzio Nasi (due incursioni con danni a frigoriferi e arredi prima dell’incendio) hanno quantomeno fatto slittare l’inaugurazione che era prevista fra due settimane. La procura, attraverso l’aggiunto Leonardo Agueci, ha definito l’attentato «un episodio gravissimo, che blocca un progetto imprenditoriale sano».

E ha promesso che «la procura reagirà in modo deciso e tempestivo» perché «non si vuole consentire di operare in modo legale nell’ambito della movida palermitana e noi non lo possiamo permettere». Le indagini condotte da pm e polizia proseguono, ma tra le strade del mercato storico si continua sulla scia dell’anarchia.

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