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«Ora sei nella squadra più bella, il Paradiso»: l'omelia di monsignor Sarullo ai funerali di Schillaci a Palermo

L'arcivescovo Lorefice: «Come Pino Puglisi anche Totò ci dice che questa città la possiamo e la dobbiamo cambiare». Folla, applausi e cori da stadio all'uscita del feretro

«Sinora, caro Totò avevi giocato soltanto il primo tempo della tua vita, breve, quasi da tempi supplementari, di 59 anni. E se è vero che non hai segnato il gol della vittoria su questa terra per liberarti dalla malattia, nel secondo tempo, che è durato un istante, quello della morte, nel fischio finale, come deve essere per ogni credente, lì hai giocato la partita più bella della tua vita, hai fatto il passaggio più bello della tua vita, un passaggio non con giocatori altrettanto bravi come te, ma con il numero 1, Gesù, e hai realizzato il passaggio alla vita eterna». È uno dei passaggi dell’omelia di monsignor Filippo Sarullo, parroco della cattedrale, che ha celebrato a Palermo i funerali di Totò Schillaci, scomparso mercoledì per un tumore al colon.

«Ti sei ritrovato davanti ad una porta - ha aggiunto - ma non come quella di un campo di calcio di serie A, ma ti sei trovato davanti una porta senza traversa, una porta senza pali, una porta senza rete, ti sei ritrovato davanti la Porta della misericordia, la porta dell’amore, la porta della bontà del Padre che, da vero arbitro giusto e inappellabile, ti ha convocato per la partita del cuore, per la partita che non avrà mai fine, che ti ha fatto entrare nella squadra più bella del mondo, che si chiama Paradiso».

«Come Pino Puglisi, che riposa in questa cattedrale, anche Totò Schillaci ci dice che questa città la possiamo e la dobbiamo cambiare», ha detto Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, in un discorso a braccio, al momento di benedire la salma di Totò Schillaci, al termine dei funerali. «Di Totò - ha sottolineato Lorefice - ricordiamo il suo corpo proteso alla gioia, i suoi occhi, in quel 1990. Ma poi Schillaci ha continuato a donare il suo corpo perché gli altri avessero corpi liberi, è rimasto uno di noi, ha pensato la sua vita facendo memoria della sua origine, l’ha pensata come un dono, perché le nuove generazioni avessero uno sguardo bello, trasfigurato come il suo, perché potessero correre liberi in strada, per vivere in pienezza la vita, contro chi invece li vuole schiavi». La strada dell’onestà e del sacrificio, l’assenza di scorciatoie nel cammino professionale e umano dell’ex attaccante della nazionale, è stato centrale nella sua esistenza, ha detto l’arcivescovo di Palermo. “Schillaci ha pensato alla sua vita - ha aggiunto Lorefice - in mezzo alle nuove generazioni, voglio ringraziarlo per questa sua grande opera, voluta, consapevole, stare nella strada con i giovani, perché potessero conoscere la via del bene, la via della libertà, un corpo donato, il suo, perché altri potessero donare vita. Anche io oggi ho l’onore di potere dare l’ultimo saluto al carissimo Totò, prima di affidarlo a quel luogo che ci ricorda che i nostri corpi hanno una sola vocazione, devono sprizzare luce e bene, queste sono le parole che ci lascia in eredità Totò e lo affidiamo alla misericordia di Dio. Gli diciamo addio, ci vedremo in Dio, nella pienezza vera della vita».

Nelle prime file, in cattedrale, c’erano il presidente della Figc Gabriele Gravina, l’ex presidente della Figc, Antonio Matarrese, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e il presidente del Palermo calcio Dario Mirri, che guida la delegazione della società con l’a.d. Gardini. Ci sono alcuni calciatori del Palermo, Francesco Di Mariano, nipote di Schillaci, Matteo Brunori e Jacopo Segre insieme al direttore sportivo Morgan De Sanctis e al vice Giulio Migliaccio e a una rappresentanza delle giovanili.

In cattedrale mille persone e fuori un popolo che ha accolto con un lungo applauso l'uscita del feretro di Schillaci. Cori da stadio sul sagrato al termine dei funerali. Una grande bandiera del Palermo ha sventolato durante tutto il rito e poi all’uscita del feretro, mentre tanti gridavano il suo nome, «Totò Schillaci» e «Uno di noi», «Per sempre nel cuore». Un applauso infinito ha dato l’addio a questo «Figlio di Palermo», come era scritto su un maxi striscione».

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