Palermo forza otto. Otto come i marcatori diversi in stagione. L’ultimo in ordine di tempo Matteo Brunori, che ha deciso di recuperare in una sola partita quello che aveva lasciato per strada nelle precedenti 5. Insieme a lui, Lucioni, Insigne, Segre, Mancuso, Stulac, Di Francesco e Soleri.
Una cooperativa del gol che dimostra come dal punto di vista mentale tutti si sentano al centro del progetto e da quello tecnico come il gioco sia più corale rispetto allo scorso anno. Anche se, bisogna dirlo, c’è ancora molto da migliorare. Quella contro il Venezia, forte candidata alla promozione in serie A, è stata anche la terza vittoria con tre gol segnati. La seconda vinta col risultato di 1-3 dopo quella di Reggio Emilia contro la Reggiana.
L’altro tris il Palermo lo aveva rifilato invece alla Feralpisalò di Stefano Vecchi. Già 10 gol segnati per i siciliani, che prima della trasferta di Venezia erano anche la seconda squadra del campionato per occasioni create.
Forse non più dopo i soli 5 tiri nello specchio realizzati al Penzo, che hanno però messo in vetrina, d’altra parte, il grande cinismo della squadra. Tre gol, verrebbe da dire, col minimo sforzo. Una squadra capace di azzannare la partita nel secondo tempo, di soffrire e poi di chiuderla a 5 minuti dal termine. E, se non altro, di battere una squadra che nel proprio stadio non perdeva da gennaio.
Sempre con le forze fresche che arrivano dalla panchina, come dimostra l’assist al bacio di Mancuso per il sinistro vincente di Brunori. Tre gol, terza partita con almeno tre reti segnate, tre punti e terzo successo in trasferta. Evidentemente, giocare lontano dal Renzo Barbera non spaventa più. Anzi, per effetto della sconfitta casalinga con il Cosenza alla quinta giornata (0-1), i dati dicono che il Palermo (almeno per ora) fa meglio lontano dalla Sicilia. Tre successi “sporchi” ma da grande squadra. Tre vittorie che non hanno forse parlato di un calcio spettacolare, ma di tanta maturità, tenacia e cinismo. Quello che servirebbe, in fondo, per sognare in grande la promozione in serie A. Il cammino è lungo, ma i numeri (per ora) danno ragione ad Eugenio Corini.
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