«Certamente Falcone è stata una delle persone che hanno più profondamente inciso sulla mia vita. Quando lo conobbi erano i primi anni che lavoravo a Palermo dopo il mio trasferimento dalla pretura di Barrafranca e lui, che veniva invece dall’esperienza presso il Tribunale di Trapani, aveva già fama di magistrato attento e scrupoloso. Un giorno trovai un fascicolo sulla mia scrivania con un suo appunto: riguardava il ritrovamento di un motorino bruciato. Un qualsiasi altro magistrato al posto suo avrebbe archiviato il caso, dati tutti i problemi da affrontare. Falcone no, non tralasciava nulla. Così, con mio stupore, portammo avanti quell’indagine con la massima attenzione, chiedendo una perizia al professore Giaccone, allora ordinario di medicina legale all’università di Palermo – purtroppo anche lui ucciso dalla mafia – che aveva sperimentato un sistema per risalire al numero di matricola sulle armi anche quando questa fosse stata abrasa. Così fece anche per il motorino. Per farla breve: Falcone risalì al proprietario, un ragazzo dal quale apprese che aveva avuto un diverbio con altri giovani, che prontamente Falcone rintracciò e fece confessare. Restai a bocca aperta: avevo capito di avere davanti un fuoriclasse». È uno degli episodi che racconta il senatore Piero Grasso - già giudice a latere del maxi processo di Palermo, poi procuratore di Palermo, procuratore nazionale antimafia e presidente del Senato - in una conversazione con Costantino Visconti, direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Palermo ed editorialista del Giornale di Sicilia.
«Il metodo Falcone - dice Grasso - è ancora valido e lo sarà sempre, perché mette insieme la visione strategica, la capacità di analisi, la solidità delle prove, l’accuratezza nel seguire le tracce del denaro, la tenacia nel lavoro, la comprensione del contesto, la lettura delle cause e delle conseguenze dei singoli reati per cercare il disegno complessivo. Tutti gli investigatori e i magistrati dovrebbero avere questi principi come regola quotidiana».
L’intervista integrale sul Giornale di Sicilia in edicola.
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