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Così la burocrazia uccide le imprese siciliane: 193 giorni per una pratica, 710 mila euro di spese

“Il peso della burocrazia sul fatturato oggi tocca il 4% per le piccole imprese, per le medie 2,1%. Il costo della burocrazia è stimato variare dai 108mila euro per una piccola impresa ai 710mila euro per un’azienda di medie dimensioni. Seguire una pratica tra le dieci più comuni procedure amministrative e autorizzative comporta dai 45 ai 193 giorni lavorativi all’anno di un collaboratore dedicato assunto dall’impresa. Sono tanti i cosiddetti ‘costi-ombra’ e a soffrire sono soprattutto le piccole medie imprese”. Lo ha detto questa mattina Alessandro Albanese, presidente della Camera di Commercio Palermo Enna intervenendo al convegno su “Semplificazione e digitalizzazione per trasformare la burocrazia e favorire le imprese”.

Presenti, tra gli altri, l’assessore regionale alle Attività produttive Mimmo Turano, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il prefetto di Palermo Giuseppe Forlani, il prefetto di Enna Matilde Pirrera, Giuseppe Tripoli, segretario generale Unioncamere nazionale, Andrea Prete, presidente Unioncamere nazionale, il rettore dell’Università di Palermo Massimo Midiri, in collegamento da Bruxelles anche il vice presidente della Regione Siciliana Gaetano Armao ed altre autorità civili e militari per festeggiare, sebbene due anni dopo a causa della pandemia, i 200 anni della Camera di Commercio di Palermo, anche con la presentazione del volume di Emanuele Nicosia dal titolo “La Camera di Commercio di Palermo nel suo bicentenario 1819-2019. Dai Borbone al digitale”.

“La sfida della digilitalizzazione si vince con l’accessibilità al digitale da parte di tutti e con strutture accessibili a tutti – ha detto il sindaco Orlando -  purtroppo non tutti conoscono e hanno accesso al digitale. Palermo è al dodicesimo posto tra le città digitali in Italia e siamo un esempio positivo anche sul fronte del Wi-Fi free perché presto arriveremo a 1.500 punti di connessione gratuita in città”.

“Il Punto Impresa Digitale – ha aggiunto Albanese - ha promosso un programma di autovalutazione delle competenze digitali. In Sicilia il livello più diffuso di digitalizzazione è a livello di apprendisti, secondo livello dopo quello base. Nella digitalizzazione più avanzata abbiamo ancora tante difficoltà. Palermo è la provincia con il maggior numero di persone con competenze digitali superiori rispetto al livello base. Certezza dei tempi, del diritto, dei costi e procedure più snelle questo vogliono le imprese, altro che contributi a fondo perduto”. Ma Albanese si è soffermato anche sulla necessità di “una vera riforma della pubblica amministrazione e il vero problema – ha sottolineato - è il personale, che non significa che i dipendenti non vanno bene o sono inadeguati, ma che devono essere messi nelle condizioni di adeguarsi al processo di cambiamento verso il digitale. La vera sfida è la formazione del personale. Ai dipendenti dobbiamo dare lo strumento formativo, devono essere formate professionalità per accettare le nuove sfide che chiedono le imprese e il mercato. Imprese, università e pubblica amministrazione possono collaborare assieme in questo senso e le Camere di commercio siciliane possono e devono essere il motore di tutte le imprese, che durante il Covid non si sono mai fermate”, ha concluso.

“Le tecnologie digitali cambiano le imprese e la pubblica amministrazione e le cambiano in modo radicale, profondo, ineludibile, inevitabile così come abbiamo imparato durante la pandemia – ha detto l’assessore regionale alle Attività produttive Mimmo Turano -. Dobbiamo avere chiaro però che non ci si può solo adattare, non basta digitalizzare l’esistente, ma è necessario ripensare le proprie attività grazie e tramite il digitale e sopratutto la formazione. Senza un vero cambio di mentalità, senza l’abbandono di una certa retorica sulla digitalizzazione – ha proseguito - non riusciremo a vincere la sfida di questa transizione epocale”.

“La transizione amministrativa è, secondo me, la prima gamba del processo di cambiamento in corso - ha detto il presidente nazionale di Unioncamere Andrea Prete -. Ma è necessario che allunghi il passo. Il sistema camerale è consapevole di quanti e quali benefici la digitalizzazione porti nel semplificare il rapporto tra imprese e pubblica amministrazione. Le Camere di commercio, grazie al Registro delle imprese interamente digitalizzato e a strumenti come lo Sportello unico digitale, già adottato dalla metà dei Comuni italiani, possono porsi come unico ‘front end’ delle aziende verso la Pubblica amministrazione centrale e locale”. Poi il presidente Prete, nelle sue conclusioni, ha fatto un richiamo ai costi dell’apparato burocratico: “La burocrazia rallenta tantissimo i processi di sviluppo – ha sottolineato -. Immaginiamo se per un’autorizzazione fossero necessari tre mesi invece che, per esempio, tre anni quanti posti di lavoro potremmo avere in più. Rischiamo di non mettere in campo gli investimenti del Pnrr per colpa delle lungaggini burocratiche. Semplificare è possibile e va fatto dal basso, trovando tutte quelle norme che gli imprenditori percepiscono come ostacolo e costo inutile”. Un passaggio anche sulla formazione: “Quella dei nostri giovani non è allineata spesso con le esigenze delle imprese, soprattutto al Sud e certi profili non si trovano. La cosa si è fortemente acuita con la pandemia. Abbiamo bisogno di figure specializzate, allineare la formazione alle esigenze del mercato del lavoro. La tecnologia c’è, ma spesso mancano le persone che la sappiano usare”, ha concluso Prete.

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