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«Così ho salvato 400 animali dai cacciatori e dalle bombe»: la vita in Ucraina raccontata a Palermo

È il 2015 quando il rifugio per cani creato in Ucraina da Andrea Cisternino, noto fotografo italiano, viene dato alle fiamme. Oltre settanta i poveri animali rimasti vittime del rogo. La sua storia, però, parte da più lontano, precisamente nel 2009, quando Andrea si trova già in terra ucraina per amore e sta lavorando al suo primo libro: in quel periodo, in vista degli Europei del 2012, quelli persi dall'Italia per 4-0 in finale con la Spagna, comincia una vera e propria caccia ai randagi. «Molti mi dicevano che cominciavano a sparire tantissimi cani e gatti - racconta il fotografo -. Così, cominciai ad interessarmene e a documentare ciò che stava succedendo e le stragi».

Cisternino ha portato il suo racconto a Palermo, presentando il libro all’interno dei locali dell’Archivio storico in via Maqueda: «Così, ho sfidato i grandi cacciatori di cani, i Dog hunter, cominciando a girare con la scorta per le tante minacce di morte ricevute. Decisi di proseguire e di aprire il primo rifugio - Rifugio Italia il nome -. Loro volevano che io reagissi alla violenza ma io credo che non bisogna mai abbassarsi a quel livello. È un insegnamento che io cerco di trasmettere sempre, così proseguii con il rifugio».

Nel 2015 il rogo: nessuno che prova a spegnerlo, Andrea viene visto come uno straniero che ha occupato la loro terra. Nonostante i consigli della Farnesina e dell’Ambasciata, Andrea decide di rimanere e di ricostruire tutto da capo, soprattutto grazie all’aiuto della moglie, Vlada: «Così è nato il rifugio Kj2. Adesso, però, non ospitiamo più soltanto cani e gatti». Il rifiuto di Andrea da riparo e vita a oltre 400 animali di ogni tipo e specie: «Ci sono tacchini, mucche, galli, cani, gatti, insomma qualunque animale possa avere bisogno». Adesso, però, il rifugio si trova sotto le bombe della guerra: «Sono stati 40 giorni interminabili - racconta - durante i quali abbiamo rischiato più volte di morire».

E proprio durante questi lunghissimi e interminabili giorni Andrea decide di scrivere. Per sfogo, per necessità e «perché ho pensato che magari qualcuno avrebbe potuto leggere un giorno questa storia. La guerra raccontata non da un punto di vista tecnico, come la sentito e vediamo ogni giorno, ma dalla partenni chi si ritrova in mezzo ad una guerra non sua e che deve badare a oltre 400 animali e tre donne». Da quei appunti nasce, così, «Non per coraggio ma per amore». Nel libro, l’autore dunque ripercorre quei 40 giorni sotto le bombe russe, i rastrellamenti, il progressivo esaurirsi delle scorte e l’impossibilità di essere raggiunto dai soccorsi internazionali: «Scrivere mi ha dato la forza, per me da sempre è una valvola di sfogo. Ero al buio con una torcia in mano». Andrea continua a seguire il rifugio, ma vorrebbe fare qualcosa anche per la sua terra natia: «In molti me lo chiedono. Qui in Italia siamo ancora indietro su certi aspetti, pur essendoci associazioni più grosse rispetto al territorio ucraino».

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