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Una bottega "magica" nel centro storico di Palermo: "Qua dentro c'è un mondo"

Nell’atrio di Palazzo Gravina di Rammacca (ex Filangeri di Santa Flavia), al numero 92 di via Maqueda, a Palermo, c’è una curiosa bottega piena di tutto: vetri, lampadari, elettrodomestici, moto, biciclette, oggetti d’altri tempi. È una tale confusione di cose e creazioni da scoraggiare chiunque volesse prendersi la briga di azzardare un inventario.

L’insegna in giallo rivela la storia del negozio: “Vetreria per lampadari Lampone”. Fondato nel 1933 dal messinese Domenico Lampone, oggi è diventato un affascinante bazar pieno di oggetti assurdi e geniali, grazie al lavoro del figlio Marcello. Accese le luci è impossibile non rimanerne sbalorditi: quattro sale piene di oggetti di qualunque tipo. "Qua dentro c’è un mondo - spiega Lampone - ho iniziato negli anni '70, mettevo da parte materiale elettrico, vetri per lampadari. Negli anni ho raccolto di tutto e di più". All’interno dell’ex vetreria solo lui riesce a muoversi con agilità e a trovare ciò che cerca.

Sul vetro trasparente opaco della porta d’ingresso una scritta: “Non si pecca di presunzione. Il possibile si fa, l’impossibile tentano di farlo. Per grazia (divina) qui i miracoli si eseguono”. Mentre in tutto il negozio suona in sottofondo senza sosta Radio Maria. “Sono sempre qua - spiega Marcello - nella vita non mi sono dedicato ad altro. Non ho avuto neanche il tempo di sposarmi. La radio mi tiene compagnia”.

Settantacinque anni e una vita spesa all’interno della bottega paterna. Oltre a tagliare il vetro, il signor Lampone “inventa” e realizza le cose più impensabili. Ecco quindi che all’interno del bazar è possibile imbattersi in creazioni particolarissime. Una sedia realizzata con collari per cani, due piccolissimi scaldabagni alti 45 centimetri capaci di riscaldare un litro d’acqua, un orologio che, senza lancette, indica ugualmente le ore e i minuti.

“Ho iniziato a manifestare questa creatività con gli oggetti che mi portavano i clienti - racconta ancora Marcello - me li portavano, trovavo l’errore e li correggevo. Ad alcuni le mie creazioni piacevano, ad altri no. Allora smontavo e li riportavo alle loro fattezze originali”. Di garzoni Marcello non ne ha mai avuti, ci vuole troppo amore e sacrificio. “Non è facile - spiega - stare accanto all’artigiano e fare le stesse cose che fa lui. Nemmeno io so bene come fanno a venirmi certe idee. Certo, sarebbe un peccato che con la mia morte queste cose si vengano a perdere. Vorrei brevettarle”.

E dopo aver concluso il tour del suo magico mondo, con fierezza, prima di salutare, mostra una delle sue ultime invenzioni: una cyclette trasformata in affettatrice metallica.

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