A cinque anni dalla scomparsa di Antonino Buttitta, proprio nell'aula dell'edificio 12 dell'Università degli studi di Palermo a lui dedicata, la presentazione del libro "Vincere il drago", il secondo volume postumo pubblicato dopo "Antropologia e letteratura".
Buttitta, dell'ex facoltà di Lettere, ne era stato il preside. Tante le lezioni e gli incontri fugaci tra i corridoi. Un amico, un maestro, viene descritto così nei ricordi dei suoi allievi.
Prossimo alla fine, nel 2017, Antonino Buttitta, raccoglie come ultima riflessione – ora pubblicata postuma e curata dal figlio Emanuele – alcuni suoi scritti su temi e su problemi centrali della propria storia di studi.
Rapporto fra memoria ed eternità il filo conduttore dei saggi, su cui, Buttitta, si era lungamente interrogato. «Nella dialettica tra divenire ed essere, la memoria è l’orizzonte di senso che sconfigge la morte - scrive il professore, protagonista di spicco degli studi antropologici del secondo Novecento - e salva le parole e gli atti di ognuno di noi dal consumo definitivo ed eterno, costituendo così una perenne sfida al tempo nel passaggio da una generazione all’altra».
La continuità della specie risiede nell’informazione strutturale del DNA tanto quanto dipende dalla memoria culturale. "Vincere il drago" vuol dire quindi sconfiggere la morte attraverso la produzione e la trasmissione del sapere nei suoi diversi modi, aspetti e forme.
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