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Vernice rossa e manifesto, a Palermo cerimonia per Libero Grassi 30 anni dopo. Il figlio: "Lasciato solo contro il racket"

La famiglia e le autorità presenti in via Alfieri dove l'imprenditore fu assassinato dalla mafia il 29 agosto del 1991

Ore 7,45, via Alfieri: tocca ad Alfredo Chiodi, nipote di Libero Grassi, dipingere il marciapiede di rosso per rappresentare la macchia di sangue del nonno, ucciso dalle cosche mafiose il 29 agosto di trent'anni fa a Palermo.

L'imprenditore disse no al racket del pizzo e lo fece pubblicamente, celebre la sua lettera al "caro estortore" del 10 gennaio 1991 sul Giornale di Sicilia. Ma per la sua denuncia rimase isolato e fu ucciso a colpi di pistola sotto casa sua.

Da allora ogni anno i figli Davide e Alice appendono sul luogo dell’omicidio un manifesto, semplice ma chiaro, un foglio bianco con una scritta in nero col pennarello: «Il 29 agosto 1991 è stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia, dall’omertà dell’associazione degli industriali, dall’indifferenza dei partiti, dall’assenza dello Stato».

"Non pensava che dopo la denuncia sarebbe rimasto solo - dice Davide Grassi -. Sperava che una volta aperta questa strada altri lo avrebbero seguito".

Alla cerimonia presenti anche il sindaco Leoluca Orlando, il prefetto di Palermo Giuseppe Forlani, la commissaria antiracket e antiusura Giovanna Cagliostro, Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio e poi i vertici di guardia di finanza e carabinieri, e della polizia, Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Sicilia, Tano Grasso, presidente onorario del Fai, Daniele Marannano di Addiopizzo.

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