Cosa nostra avrebbe tentato di evitare gli scontri tra gruppi di ultras della squadra di calcio del Palermo. Emerge da un’inchiesta dei carabinieri, coordinata dalla Dda, che oggi ha portato a 20 fermi.
"Le indagini - scrivono gli investigatori - hanno delineato un significativo quadro di rapporti fra le tifoserie calcistiche palermitane e Cosa nostra".
"Non è emerso, però, - precisano - alcun coinvolgimento della società che gestisce la squadra". I vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, dunque, volevano controllare i contrasti fra gruppi ultras per evitare scontri all’interno dello stadio, da un lato dannosi per lo svolgimento delle gare e dall’altro fonte di possibili difficoltà per uno storico capo ultrà rosanero, elemento di contatto tra la cosca e il mondo del tifo organizzato cittadino.
"Grazie agli imprenditori che hanno denunciato il pizzo e che si sono fidati di noi - dichiara il generale Arturo Guarino, Comandante Provinciale dei carabinieri di Palermo, togliendosi il cappello in segno di ringraziamento -. Ci hanno messo la faccia e noi li abbiamo tutelati. Grazie anche alle associazioni antiracket, noi siamo a fianco di chi denuncia".
"In relazione ai rapporti tra esponenti della criminalità organizzata e sedicenti ultras del Palermo, come emerso dall’operazione 'Resilienzà condotta dai Carabinieri il 13 ottobre a Palermo, la società condanna duramente e incontrovertibilmente ogni condotta criminale, anche e ancor più ove collegata allo stadio Renzo Barbera e alle attività della squadra rosanero, beni che concorrono a contraddistinguere la municipalità e la cittadinanza, portatori di valori sani quale quello della legalità". E' quanto fa sapere in una nota il club rosanero che aggiunge: "Per tale motivo la società ha già dato mandato ai propri legali di valutare la costituzione di parte civile e ogni utile iniziativa in tutte le sedi opportune".
Caricamento commenti
Commenta la notizia