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Arresti a Brancaccio, il questore Cortese: "Lucravano sulla povera gente"

«Uomini del disonore, difficile definirli in altro modo. Questa indagine conferma che i mafiosi si appigliano a qualunque cosa, anche speculare sulle mutilazioni della povera gente, per fare profitto». Lo ha detto il questore di Palermo, Renato Cortese, nel corso della conferenza stampa sull'operazione antimafia di stanotte, nel quartiere di Brancaccio.

Il fermo - emesso dalla procura di Palermo - riguarda nove persone: i fratelli Stefano e Michele Marino (47 e 51 anni), accusati di associazione mafiosa; Nicolò Giustiniani, 38 anni; Ignazio Ficarotta, 33 anni; Raffaele Costa54 anni; Sebastiano Giordano, 58 anni; Pietro Di Paola 19 anni; Angelo Mangano, 30 anni; Antonino Chiappara, 43 anni cui vengono contestati i reati di estorsione, associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, autoriciclaggio e danneggiamento di beni assicurati, aggravati dall’avere agevolato cosa nostra.

Ma tra le accuse c'è anche la truffa alle assicurazioni. I boss, in sostanza, avrebbero inserito tra i loro affari anche i guadagni dei cosiddetti spaccaossa.

«Per la prima volta una indagine conferma l’interessamento diretto di cosa nostra in episodi di truffa. Questo avviene attraverso i due fratelli Marino, Stefano e Michele, a cui viene contestato il reato di associazione mafiosa», spiega il capo della Squadra mobile, Rodolfo Ruperti nel video di Marcella Chirchio.

«Questa indagine dimostra - ha proseguito il questore - ancora una volta che siamo di fronte a persone senza scrupoli, senza onore, uomini che senza alcun ritegno che speculano sui disagi della povera gente».

«Per la prima volta una indagine conferma l’interessamento diretto di cosa nostra in episodi di truffa. Questo avviene attraverso i due fratelli Marino, Stefano e Michele, a cui viene contestato il reato di associazione mafiosa», spiega il capo della Squadra mobile, Rodolfo Ruperti. I due fratelli Marino - secondo gli investigatori - sono soggetti con una storia criminale abbastanza affermata: «Questo gli ha consentito - aggiunge Gianfranco Minissale, dirigente della I sezione della Mobile - di avere il controllo delle piazze dello spaccio del territorio. Arrivando a raccogliere ragguardevoli somme che servivano anche per sostenere il mantenimento dei familiari dei detenuti».

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