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Livia Gionfrida porta la Centoventisei di Via D'Amelio alla Sala Strehler del Biondo

Mercoledì 12 aprile alle 21, nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo, debutta in prima assoluta Centoventisei, tratto dall’omonimo romanzo di Claudio Fava ed Ezio Abbate pubblicato da Mondadori; la drammaturgia, le scene e la regia dello spettacolo sono di Livia Gionfrida. Prodotto dal Teatro Biondo e dal Teatro Stabile di Catania, Centoventisei è interpretato da David Coco, Naike Anna Silipo, Gabriele Cicirello; assistente alla regia è Giulia Aiazzi, il disegno luci è di Alessandro Di Fraia. Repliche fino al 23 aprile e poi al Teatro Verga di Catania dal 28 aprile al 7 maggio.

Protagonista silenziosa di questa insolita pièce, che si dipana tra cronaca, dramma sociale e commedia dell’assurdo, è una Fiat 126, proprio quella che la mafia decise di rubare per compiere la strage di via D’Amelio. Gasparo (David Coco) è il killer incaricato del furto dell’auto, che metterà a segno con la complicità del picciotto Fifetto (Gabriele Cicirello), «apprendista mafioso». In un contesto di degrado sociale talmente estremo da apparire surreale, tra colpi di scena e imprevisti, si snoda una vicenda dai contorni macabri e grotteschi, nell’arco di tempo di una sola notte che sembra non finire mai.

«È una storia che ci parla di morte e di vita – spiega Livia Gionfrida – che attraversa la cronaca per trasfigurarsi in favola. I personaggi, umili pupiddi manovrati da un destino di nascita, sembrano parlare ad un autore silente, un confessore che forse è anche puparo e si diverte con le loro vite, mentre loro scalciano e provano alla fine a ribellarsi alla ricerca di una redenzione nell’amore». Il testo di Claudio Fava ed Ezio Abbate indaga, da una prospettiva storica del tutto inedita, minima, addirittura sarcastica, uno degli eventi più importanti della storia italiana dell’ultimo trentennio. Lo fa disegnando le personalità dei «pesci piccoli» dei clan mafiosi, quelli a cui viene dato il più semplice tra tutti gli incarichi. La loro quotidianità svilita si rivela pian piano come l’assurdo terreno su cui si è gioca la strategia stragista del biennio ’92-’93. «Abbiamo voluto raccontare tre vite paradossali - dichiarano Fava e Abbate - la straordinaria ovvietà del male, una macchina e il presagio di ciò che sta per accadere. Tutto raccolto dentro una perfetta notte palermitana».

Il racconto parte da una delle pagine più cupe e feroci della nostra storia italiana e siciliana, per sfuggirne in una direzione allucinatoria e visionaria. In una notte palermitana che sembra non finire mai, le storie dei tre protagonisti, Gasparo, Cosima e Fifetto, si intrecciano con quella della Fiat 126, in un conto alla rovescia dove tutto sembra essere già scritto. Una storia che ci parla di morte e di vita, che attraversa la cronaca per trasfigurarsi in favola. I personaggi, umili pupiddi manovrati da un destino di nascita, sembrano parlare ad un autore silente, un confessore che forse è anche puparo e si diverte con le loro vite mentre loro scalciano e provano alla fine a ribellarsi, alla ricerca di una redenzione nell’amore.

Foto di Rosellina Garbo

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