Non poteva esserci opera più adatta per salutare Maurizio Scaparro: il regista romano, è stato una delle «mani» più belle e leggere, spesso accompagnate dall’eleganza dei bozzetti di Lele Luzzati; e questo Don Pasquale gli sarebbe piaciuto tantissimo. Il Teatro Massimo di Palermo ha voluto dedicare a Scaparro, scomparso ieri a novant’anni, il debutto dell’opera di Donizetti. Che è andato avanti tra gli applausi, fin dalla lunga e morbida ouverture che il giovane Michele Spotti ha diretto con il sorriso sulle labbra.
Ma è tutto Don Pasquale a piacere parecchio al pubblico che accoglie con calore le rimostranze del vecchio gabbato (il basso Michele Pertusi, nella sua vestagliona antiquata) dall’aitante donzella (la Norina di Giuliana Gianfaldoni), che butta alle ortiche il golfino grigio da beghina per insinuarsi in una mise da vamp; e ancora, il buon Ernesto (René Barbera), il dottor Malatesta (Markus Werba). La ricetta è tutta nella regia di Damiano Michieletto che ha chiesto molta attenzione alle caratterizzazioni dei personaggi, e voluto una scena girevole con tanto di tetto a led – un po’ «Dogma 95» di Lars von Trier – che da casa brutta e vecchia di don Pasquale si trasforma nella maison alla moda di Norina. Dove si aggira sempre la badante muta del vecchio, colei che gli stringe la pancera o gli «ringiovanisce» la chioma: Enza Scalisi per quarant’anni è stata una delle sarte del Teatro Massimo, adesso in pensione è finalmente salita in palcoscenico come (probabilmente) avrebbe voluto sempre fare. La messinscena è apprezzata da tutti: l’arredamento anni Settanta, la cucina economica, la Lancia Fulvia d’epoca (che si trasformerà in Maserati nel secondo atto), i pupiddi da torta di nozze, tutto verrà spazzato via dal ciclone Norina che vendica ogni singola donna della sala.
Nel foyer il sovrintendente Marco Betta accoglie tutti con un sorriso, ma l’abbraccio è riservato al direttore Omer Meir Wellber – «un’opera che non sente gli anni – dice il direttore israeliano - apprezzo moltissimo Michieletto anche se di solito io non amo i registi che danno “troppa aria” alle voci. Ma in questo caso ci vedo Ponnelle, tanto teatro del Novecento, insomma tanta leggerezza». Presente ieri sera anche l'ex sovrintendente Francesco Giambrone.
In palco reale, ospiti del sindaco Lagalla – la moglie Maria Paola osa una riuscita mise a vestaglia color prugna – ci sono i responsabili del main sponsor Cassa Depositi e Prestiti, il presidente Giovanni Gorno Tempini; l’assessore Maurizio Carta, i vertici delle Forze Armate – per il generale Angelo Scardino, «è un’opera di grande sincronia e, da militare, lo apprezzo moltissimo. Senza questa precisione, non si potrebbe portare in scena in questo modo. Bellissima» – e l’avvocato Alberto Stagno d’Alcontres che loda «un’opera che non sente i suoi duecento anni. Non sono un intenditore di voci liriche, mi piace molto la regia». In sala segue con attenzione Daniel Dooner, tra il pubblico il sindaco di Contessa Entellina, Leonardo Spera, con la compagna Rossana; e Agnes Letestu dell’Opera di Parigi che sta lavorando a Le Corsaire, il prossimo balletto del Massimo.
Foto di scena di Rosellina Garbo, foto nel foyer di Alessandro Fucarini
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