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Onore ferito, botte e vendetta a Palermo. Così Guttadauro punì Abbate

In aula il retroscena emerso da intercettazioni di un’altra indagine sull’ex chirurgo e il figlio

Lei era ritenuta responsabile di aver avuto un comportamento poco consono mentre il marito era detenuto. Lui di aver voluto difendere l’onore macchiato della famiglia, quella di sangue e quella mafiosa: i due, legati da un vincolo familiare e discendenti degli Abbate della Kalsa, hanno subito un pestaggio in due momenti diversi. Ed entrambi, appena arrivati al pronto soccorso per farsi medicare, hanno dichiarato di essere stati investiti da un’auto. Invece, come sostiene la Procura antimafia, che ha indagato sul fatto partendo da un’intercettazione ambientale, fratello e sorella sono vittime di due diverse spedizioni punitive ordinate nel loro stesso giro.

Ieri, durante l’udienza del processo in tribunale ai due presunti autori delle lesioni al nipote degli Abbate, aggravate dall’aver favorito Cosa nostra, è stato ricostruito il contesto in cui sono maturati questi due raid: la ragazza sarebbe stata picchiata a Brancaccio - era l’ottobre del 2016 - su ordine di Pietro Abbate, nipote di Luigi, detto Gino u mitra, il ras della Kalsa. Questo sconfinamento non autorizzato aveva provocato la reazione dei capi del mandamento mafioso di Brancaccio: l’ex chirurgo del Civico coinvolto nella storia delle Talpe in Procura, Giuseppe Guttadauro, sarebbe stato al corrente del fatto che il figlio Mario Carlo avesse dato il via libera al pestaggio dell’uomo. Venne organizzata una spedizione punitiva nei confronti di Abbate, che fu aggredito a colpi di mazza e subì una frattura a un braccio, che gli costò 28 giorni di prognosi. A processo, per rispondere delle accuse nate dall’inchiesta di Dda e carabinieri, sono finiti Francesco Paolo Amari e Valerio Nicosia, indicati come due «operativi» al servizio dei Guttadauro.

In aula, davanti alla quarta sezione del Tribunale, presieduta da Bruno Fasciana, pm Bruno Brucoli, l’episodio dei due pestaggi è stato ricostruito dai carabinieri del Nucleo investigativo e del Ros e dalla squadra mobile. Amari è difeso dall’avvocato Carla Internicola, Nicosia da Fabio Falcone.

In aula, il maggiore Alessandro Giardina - all’epoca dei fatti comandante della 2ª sezione del nucleo Investigativo e ora comandante del nucleo Informativo dell’Arma - ha ricostruito come all’onore ferito fosse stato fatto un accenno molto vago durante una conversazione intercettata nell’ambito dell’indagine che nel giugno del 2022 aveva portato in carcere Guttadauro padre e figlio: il primo venne arrestato a Roma, dove si era trasferito dopo le condanne subite, il secondo ad Aspra. Partendo da quel riferimento a una «controversia» familiare risolta con l’intervento di Mario Carlo Guttadauro, i carabinieri del Nucleo investigativo e poi quelli del Ros hanno ricostruito il momento di grande tensione tra i boss di Brancaccio e gli Abbate della Kalsa. Così si scopre che la ragazza, che aveva un negozio a Brancaccio affittato da Mario Carlo Guttadauro, era stata malmenata su ordine del fratello, titolare di un esercizio commerciale per la vendita del caffè in corso dei Mille. Appreso il tutto, la reazione di Guttadauro junior, che per questo episodio, e per associazione mafiosa, è stato condannato a 8 anni. Adesso il processo ai due imputati del raid ai danni di Pietro Abbate continuerà con l’audizione di altri investigatori. E di Abbate, che è parte lesa del processo.

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