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Guarnotta guida i giovani tra banchi e gabbie dell'aula bunker. la lotta alla mafia parte da voi

«La mafia è sconfitta?», chiede un giovane al giudice Leonardo Guarnotta, componente del pool antimafia di Palermo assieme a Falcone e Borsellino, oggi in pensione. Lui ascolta, china la testa, non ha una risposta pronta, ma la sua è ormai la memoria storica di anni difficili. Poi dice: «La sfida oggi è tutta nella famiglia e nella scuola. Ma vedere qui tanti ragazzi mi riempie il cuore di gioia e di fiducia». Il «qui» è l’aula bunker, la stessa che quasi 40 anni fa ospitò il maxiprocesso e che ora Le Vie dei Tesori hanno reso visitabile, uno dei 150 luoghi aperti a Palermo dal festival con cripte, palazzi nobiliari, giardini, orti sostenibili, chiese, terrazze, oratori, rifugi antiaerei. L’aula bunker non è solo un luogo, ma un pezzo della vita italiana e chi prenota la visita, lo sa.

Quasi cinquecento persone al giorno, divise in sette turni, circa mille nel weekend, qui per ascoltare il racconto di chi c’era, giornalisti e magistrati: e sono quasi tutti giovani sotto i quarant’anni, piccole famiglie con i ragazzini, coppie di chi spesso è nato parecchio tempo dopo. Convinti che sia necessario conoscere, loro e i figli: lo si vede dalla voglia che hanno alla fine, di restare, ascoltare, fare domande. Guarnotta ha raccontato le origini del pool fin dall’intuizione del giudice Rocco Chinnici «di seguire i soldi per svelare i traffici della mafia», poi diventato «un nuovo metodo investigativo grazie al giudice Caponnetto», ricordando alla platea che «non esiste una mafia buona e una cattiva, ma un’unica associazione criminale» e che pertanto «queste distinzioni non hanno senso». Solo un accenno - amaro - all’attualità: «Lagalla è una persona per bene, non ha abbassato la guardia, ha esperienza politica, tuttavia mi è dispiaciuto constatare che alle scorse elezioni comunali hanno avuto parte attiva personaggi condannati per reati di mafia».  Fatti su cui il sindaco ha più volte replicato, escludendo qualsiasi apporto di personaggi collusi.

Ieri, sabato 15 ottobre, il racconto è stato affidato, oltre che al giudice Leonardo Guarnotta e al cronista dell’Ansa, Franco Nicastro, anche a Giovanni Paparcuri, sopravvissuto alla strage Chinnici, poi stretto collaboratore di Falcone e Borsellino, inventore dell’informatizzazione del maxiprocesso: è stato lui a voler ritornare, dopo un primo incontro la scorsa settimana. Poi si sono alternati Giuseppe Ajala, che di quel processo fu pubblico ministero, cronisti di giudiziaria come Salvatore Cusimano e giornalisti come Marcello Barbaro.

«Un modo di valorizzare nella collettività la dimensione storica di questo luogo-simbolo», ha detto il presidente del Tribunale, Antonio Balsamo, che ha fortemente voluto questa apertura con Le Vie dei Tesori. Una vera «astronave» costruita in nove mesi tra il 1985 e il 1986 a fianco del carcere dell’Ucciardone, adeguatamente cementata per resistere pure ai missili: i visitatori seguono il tunnel, entrano nell’aula, guardano l’emiciclo con i banchi degli avvocati davanti alle «gabbie», quello che tante volte hanno ripreso le telecamere televisive, magari fermandosi alle spalle dei poliziotti che «schermavano» il testimone intento nella deposizione.

Nel prossimo weekend, ecco gli altri cronisti e testimoni, sabato Felice Cavallaro e Peppino Lo Bianco e domenica Marcello Barbaro e Peppino Di Lorenzo. L’ultimo fine settimana, Enzo Mignosi e Ester Aiello, moglie di Vincenzo Mineo, il direttore della cancelleria, scomparso l’anno scorso. Domenica 30 l’appuntamento più atteso con Pietro Grasso, l’ex presidente del Senato che al maxiprocesso era giudice a latere.

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