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Rischiava la vita in Congo per un tumore al volto, salvata a Palermo con progetto umanitario

Presentato a Palermo il caso della signora Pauline D., la prima donna pigmea arrivata in Italia grazie al progetto umanitario della Onlus "Ali per Volare" per sottoporsi a un intervento chirurgico necessario per eliminare un grave tumore al volto. L’intervento è stato eseguito nel reparto di chirurgia plastica del Policlinico "Paolo Giaccone".

L'operazione è stata frutto di un lavoro di equipe. "La paziente aveva un tumore enorme che invadeva quasi completamente la regione centro facciale, distruggendo sia i tessuti molli che le ossa. L’intervento è durato quasi venti ore, in un’alternanza di equipe. Dopo 15 giorni abbiamo fatto un intervento di correzione estetica, per modellare i tessuti del palato", ha detto Adriana Cordova, direttore di Chirurgia Plastica del Policlinico "Paolo Giaccone".

La donna è stata operata nell’ottobre del 2018 ed è stata dimessa la settimana scorsa. La paziente è giunta nella struttura attraverso la mediazione di Rino Martinez, presidente della Onlus "Ali per Volare".

Presentava una importante riduzione della capacità visiva, di alimentazione e respiratoria. L'intervento chirurgico ha previsto una fase demolitiva, una fase ricostruttiva e una fase di modellamento, espletate da tre diverse equipe chirurgiche.

E l’assessore regionale Toto Cordaro, ha affermato: "Sono molto lieto che si sia realizzata una sintesi perfetta: questa struttura universitaria ha dimostrato che la sanità siciliana è anche sanità di eccellenza".

La complessità dell’intervento ha richiesto un enorme lavoro di pianificazione preparatoria per la determinazione della natura istologica del tumore, per la valutazione delle condizioni generali di salute, per la preparazione nutrizionale in collaborazione con i gastroenterologi e per la valutazione delle indagini strumentali con i radiologi.

Mama Paoline, così viene chiamata in modo affettuoso la paziente, viene da una tribù pigmea che vive nella foresta equatoriale del Congo e questa era la sua prima esperienza con la medicina occidentale europea.

Per questo è stato fondamentale costruire prima un percorso di fiducia con la paziente, superando le difficoltà linguistiche e trovando un punto di contatto tra culture lontane. Alla fine del percorso, con lei si è creato un rapporto che ha coinvolto anche altri pazienti della struttura e la donna ha imparato l’italiano, e si esprime anche in siciliano.

"Credo che l’unica parola che abbia senso dire è grazie, perchè con questa vicenda restituiamo speranza. Risultato eccellente. Tre parole chiave: la prima è accoglienza, poi competenza e eccellenza", ha detto il rettore dell’Università degli Studi, Fabrizio Micari.

"Assumeremo come strumento didattico il video che sintetizza questa vicenda umana", ha puntualizzato l’assessore comunale, Giovanna Marano.

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