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Palestre e piscine, una settimana per evitare le chiusure: da Palermo l'appello dei titolari

È la settimana decisiva per sapere se le palestre e le piscine potranno continuare la loro attività: lo stabilisce il Dpcm approvato domenica scorsa, che ha generato tanta amarezza nei titolari delle strutture dedicate allo sport.

Secondo il decreto in sette giorni tutte le palestre dovranno adeguarsi ai protocolli anti Covid-19, emessi mesi fa, pena la chiusura delle attività. Un settore già in crisi, che solo in Sicilia è in perdita dal 50 al 75% e che dà lavoro a più di un milione di persone in tutta Italia. “Il paradosso è che dopo l’ultimo Dpcm ci siamo sentiti gli untori del Paese”, dice Germano Bondì, titolare dei centri Oxygen a Palermo e Vice Presidente ANIF, “in realtà noi abbiamo sempre rispettato i protocolli e investito enormi capitali per adeguarci alle normative. Certamente se ci sono dei trasgressori è giusto che vengano puniti, ma è anche un settore che avrebbe più bisogno di supporto che di rimprovero: è stato fatto un terrorismo mediatico che ha compromesso i mesi più importanti per noi, settembre e ottobre, quelli che ci consentono di affrontare tutto l’anno”.

Della passione per lo sport, ricorda inoltre Giorgio Trupiano, titolare delle palestre Body Studio, “qualcuno ha fatto un lavoro”, un lavoro vero, “che pertanto a volte richiede l’apertura di mutui, conti scoperti: sacrifici oggi ripagati con l’incertezza”. “Le misure le abbiamo prese”, continua Trupiano, “siamo stati i primi in Italia a riaprire, sfruttando le leggi regionali che consentivano lo sport individuale. Abbiamo infatti preso in affitto una struttura all’aperto e iniziato lì gli allenamenti individuali con i personal trainers. Abbiamo poi fatto diversi investimenti, spendiamo circa 10.000 euro al mese, dovendo coprire le nostre 5 attività a Palermo, per essere sempre in regola con le normative. Nel frattempo i mesi più proficui sono andati in fumo per un motivo che non è nemmeno tanto chiaro, dato che non c’è nessuna evidenza scientifica, nessun dato, rispetto a eventuali focolai o contagi nelle palestre. Mettendo mano a enormi investimenti intendevamo far passare il messaggio che le palestre sono sicure, se si rispettano le regole. Che si aumentino i controlli, le sanzioni per eventuali trasgressori, ma che non si fermi lo sport, a questo punto, per mere posizioni politiche”.

D’altronde l’esercizio fisico, lo pensa anche Germano Bondì, è sano, “innalza le difese immunitarie, fornisce un supporto psicologico, promuove uno stile di vita sostenibile e, di conseguenza, uno sportivo è colui che ha a cuore la salute, e che in questo periodo si muove con cautela”. La crisi di oggi, invece, secondo il titolare di Oxygen sarebbe il risultato di una cattiva programmazione degli interventi da fare a livello governativo, poiché “la seconda ondata di contagi era stata prevista e si sarebbe potuto correre ai ripari con strumenti diversi”, e una chiusura adesso, dopo tanti sacrifici, porterebbe al fallimento. “Nelle strutture in cui abbiamo la piscina, dovendo fare in modo che ad ogni sportivo corrispondano 7 metri quadri, con gli abbonamenti non riusciamo a pagare nemmeno i costi di gestione”, continua Bondì, “è un servizio a perdere, ma che portiamo avanti pur di mantenere in piedi alcuni settori. Ci stiamo credendo e fino alla fine terremo, sperando che possa funzionare”.

Tra i provvedimenti da adottare per limitare il contagio del Covid-19 ci sono la sanificazione degli ambienti, la distribuzione di un certo numero di individui rispetto alle dimensioni delle sale, il registro degli ingressi, la misurazione della temperatura, il distanziamento di almeno 1 metro tra gli sportivi, l’utilizzo del gel disinfettante: linee guida che molte palestre hanno già adottato da tempo. La Oxygen ha aggiunto la sanificazione delle scarpe, garantito la distanza di 2 metri, la Body Studio ha a disposizione degli enormi spazi che garantiscono ben 20 metri quadrati a ogni persona, ha rafforzato il numero di lezioni, di istruttori e di addetti alle pulizie, la Kilroy Academy pratica giornalmente la sanificazione con vaporizzatori che emettono una sottile nebbia in grado di introdursi anche negli spazi più piccoli e ha modificato gli allenamenti, dato che è proibito il contatto tra gli sportivi. “Essendo un’accademia di sport da combattimento”, racconta proprio il titolare della Kilroy, Tony Cardella, “siamo stati pienamente investiti dalla problematica sport da contatto. Facciamo dunque preparazione atletica e lavoro di tecnica a distanza. Abbiamo comunque perso il 60% dell’utenza, perché la preoccupazione dei genitori ha limitato l’iscrizione dei bambini, con i quali lavoriamo tantissimo. Fa rabbia l’idea di chiudere per pochi trasgressori”.

Ci sono poi in ballo le migliaia di lavoratori impiegati nel campo dello sport, ai quali gli stessi titolari temono di non poter garantire il pagamento degli stipendi, e che con il nuovo Dpcm rimarrebbero a casa. Solo alla Body Studio fra collaboratori e dipendenti a tempo indeterminato si sale a 130 persone che vivono di sport. “Gli ammortizzatori sociali”, inoltre, racconta ancora Trupiano, “sono arrivati dopo mesi. Se si chiudessero le palestre, cosa farebbero queste 130 famiglie? Abbiamo ricevuto 2.000 euro per quattro mesi, quando ne spendiamo 10.000 ogni mese per sanificare. C’è un caro del 30% del mercato, dato che la gente ha paura di andare in palestra, dunque la domanda è inferiore e il costo del servizio molto più alto, abbiamo molta paura”. Nel frattempo si parla di un cambio dei protocolli, con una possibile ulteriore stretta, “speriamo che non saranno dei cambi i cui costi andranno sempre sulle spalle delle società sportive”, dice ancora Trupiano, secondo il quale tanti meccanismi dell’ingranaggio non funzionano.

Un esempio è il protocollo che si attiva una volta che si viene a sapere che un associato è risultato positivo al Covid-19, utile a ricostruire la catena dei contatti per avvisare gli altri iscritti. Tale protocollo dovrebbe attivarsi, però, dice Trupiano, “solo a seguito della telefonata dell’Asp. Noi abbiamo avuto solo due persone infette, che per correttezza hanno comunicato tempestivamente la loro positività, e noi di conseguenza, per il bene comune, abbiamo proseguito con la procedura. Ma nessuna telefonata è mai arrivata dall’Asp”. Tanta amarezza dunque per coloro che oggi temono di vedere vanificarsi i sacrifici fatti per adeguarsi alle normative vigenti, e che a nulla in effetti saranno valsi se per l’errore di qualcuno pagheranno tutti. Nell’efficacia delle regole comunque i titolari delle palestre credono profondamente: “il protocollo, quando rispettato, funziona”, conclude infatti Bondì.

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