La telefonata ai giornalisti arrivò nel pomeriggio. «Domani mattina qualcuno vada a farsi una passeggiata al liceo Garibaldi. Forse c’è una notizia». Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nominato un mese prima prefetto di Palermo, non aggiunse altro. Non ce n’era bisogno.
L’indomani si presentò senza scorta davanti all’istituto. Nessuno era stato avvisato del suo arrivo, tranne la presidenza che fece subito radunare gli studenti nella palestra della scuola per un incontro improvvisato. Un botta e risposta tra gli studenti del liceo classico e il generale che aveva sconfitto il terrorismo che si trasformò in una sorta di «lezione» sulla mafia. Nessun rappresentante delle istituzioni, fino a quel giorno, aveva parlato di legalità e lotta alla mafia nelle scuole. Solo negli anni seguenti alcuni magistrati a cominciare da Rocco Chinnici, fondatore del pool antimafia, avrebbero proseguito sulla strada tracciata dal prefetto che decise di incontrare anche i ragazzi del Gonzaga, l’istituto dei Gesuiti frequentato dai figli della buona borghesia della città.
«Non c’è bisogno di qualcuno in cui credere, ma di qualcosa in cui credere. sono con voi e tra voi perché credo - senza ombra di retorica - nella vostra gioventù», esordì Dalla Chiesa rivolgendosi agli studenti. «Io credo ancora che esistano valori, soprattutto perché noi siamo uomini e non numeri».
Rispondendo alle domande senza filtro degli studenti, anche quelle più scomode, Dalla Chiesa non si sottrasse alle sollecitazioni sul rapporto tra mafia e politica. «La mafia - spiegò - si attacca come una ventosa dove c’è il potere, quindi anche alla politica». E aggiunse: «La mafia è un modo di essere, un modo di pensare che travolge chiunque; noi dobbiamo combatterla anche contrastando il metodo della clientela, la pratica della raccomandazione».
«Generale, cosa è venuto fare a Palermo? Pensa davvero di riuscire a sconfiggere la mafia?» chiese uno studente prima della conclusione dell’incontro. «Io sono come una fiammella che lo Stato ha voluto accendere in questa capitale bellissima che è Palermo» rispose Dalla Chiesa. Era il 3 giugno del 1982. Esattamente due mesi dopo, il 3 settembre, un commando di Cosa Nostra spegneva quella «fiammella» a colpi di kalashnikov.
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