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Dossier dei farmacisti palermitani: gli stupri di gruppo partono anche dal revenge porn

Campagna nelle farmacie di città e provincia: sempre più vittime chiedono aiuto ma tante altre non denunciano, sul web  la violenza non è percepita come un fatto grave

In forte aumento la caccia sui social a foto e video a sfondo sessuale postati da vittime inconsapevoli attratte nell’inganno da lusinghe o offerte di denaro. Federfarma Palermo e Associazione Mete onlus, che da nove mesi organizzano nelle farmacie di Palermo e provincia una campagna di sensibilizzazione sul sexting e revenge porn, lanciano l’allarme: in vari casi è anche emerso che le vittime, già da tempo risucchiate nel vortice dell’umiliazione del sexting e revenge porn, abbiano anche subito uno stupro di gruppo come epilogo finale della tortura.

Carnefici che colpiscono con la premeditazione di realizzare foto e video dello stupro, da diffondere e vendere in rete in quanto le immagini umiliano più della stessa violenza; autori del reato che, agendo in gruppo, si deresponsabilizzano e sostengono a vicenda.

Il tutto va in scena sul web, di fronte ad un pubblico di dimensione planetaria, privo di valori e che fa il tifo o scommette come se si fosse in un videogame.

E’ la dura analisi di Federfarma Palermo e Associazione Mete onlus: “Sempre più vittime di sexting e revenge porn, anche adulte, o i loro genitori, chiedono aiuto alle nostre farmacie che aderiscono alla campagna”, riferisce Roberto Tobia, segretario nazionale e presidente provinciale di Federfarma, che, in occasione di una sessione del Castelbuono Jazz Festival dedicata al Welfare oncologico, ha ricevuto dall’assessora regionale alla Famiglia, Nuccia Albano, una targa dell’Associazione Mete. “Questo riconoscimento – spiega Tobia – va a tutte le farmacie di Palermo e provincia per l’impegno contro questo fenomeno sempre più diffuso.

“Le persone accolte in farmacia – dice ancora Tobia – vengono assistite dall’Associazione Mete, dalla polizia postale e dagli psicologi per aiutarle a uscire dall’incubo della persecuzione, del ricatto sessuale, dell’umiliazione e dello screditamento della persona in rete”.

“Tutto nasce – prosegue l’analisi di Tobia – da una cultura abbrutita, frutto dell’era della massima condivisione sui social, che inculca nei giovani, e non solo, la convinzione che sia giusto svalutare il proprio corpo e la propria personalità, sacrificandoli alla moda di condividere, di esserci, come pegno da pagare per fare parte del branco. Branco che poi diventa aguzzino”.

“Dalle centinaia di storie che ci hanno raccontato – aggiunge Giorgia Butera, presidente dell’Associazione Mete onlus – abbiamo percepito l’aspetto più grave: le vittime quasi sempre non sono consapevoli di esserlo. Sono convinte che inviare propri foto e video a sfondo sessuale sia ‘fico’, che questa sia diventata una realtà ‘normalizzata’ di cui è giusto e bene fare parte altrimenti si è fuori da tutto. Prima il gruppo ti convince di essere importante, poi ti sfrutta chiedendo soldi per non postare le immagini, quindi – rivela Giorgia Butera – può anche scattare la violenza di gruppo. Che, drammaticamente, per la maggior parte dei giovani non è percepita come un evento gravissimo, ma come una ‘dinamica’ da mettere in conto. Ed è per questo motivo, più che per la paura o la vergogna, che molte ragazze non denunciano”.

“Si deve intervenire urgentemente – concludono Tobia e Butera – perché temiamo un’escalation di questi fenomeni, destinati a diffondersi proprio perché non incontrano particolare resistenza da parte di chi viene adescato. Occorre informare e convincere che il punto di partenza per salvarsi è avere la forza di dire ‘no’ alle prime richieste di foto e video. E che non è con foto sessuali che si è più belle e più gratificate dal prossimo. Noi organizziamo tanti incontri nelle scuole, nei quali sempre più giovani raccontano le loro esperienze. Nelle farmacie entrano i più adulti, o i genitori che si accorgono che qualcosa non va nei loro figli. Ma bisogna fare molto di più: dobbiamo tutti prendere consapevolezza del fatto che l’insidia è dentro ogni telefono, sui social, e che può capitare in ogni casa perché la rete si insinua ovunque con le sue tentazioni ‘dark’”.

Nella foto, da sinistra: Roberta Sparacello, fondatrice di Io barcollo ma non mollo; Giorgia Butera, presidente Associazione Mete onlus; l’assessore regionale alla Famiglia, Nuccia Albano; Roberto Tobia, segretario nazionale e presidente provinciale di Federfarma. Nel video parlano Tobia e Butera

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