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Le vampe di San Giuseppe a Palermo, la tradizione risale all'Ottocento: ecco regole e ruoli

I roghi accesi a Palermo da ieri sera e durante la notte, cha hanno provocato scontri tra chi li ha innescati e le forze dell’ordine, sono legati ad una tradizione che da secoli si ripete nel capoluogo siciliano.

«Impossibile datare con certezza l’origine delle vampe di San Giuseppe - afferma l’antropologo Ignazio Buttitta -, in quanto l’uso di accendere il fuoco per propiziarne il volere dei santi è un fenomeno che risale alla preistoria. La presenza delle vampe nel centro storico di Palermo è sicuramente attestata a partire dall’Ottocento, come riferisce Giuseppe Pitrè». Il docente universitario spiega che «il rito prevede che i bambini dell’unità rionale di appartenenza, ma anche gli adulti, gli uomini nelle fasi più impegnative dell’iter rituale (costruzione della catasta, accensione del fuoco...), le donne come donatrici di oggetti domestici in disuso da destinare alla combustione, siano impegnati nella preparazione dei falò».

Distribuiti i compiti, si passa alla fase operativa. «All’interno di grandi aree scelte per preparare la vampa - ricordano Nara Bernardi e Orietta Sorgi che hanno realizzato una ricerca per l’archvio delle tradizioni popolari siciliane - possiamo individuare tre spazi specifici: lo spazio di raccolta della legna (soprattutto operata dai bambini), il luogo di accensione della vampa e lo spazio esterno (spazio del furto dove si compiono le scorrerie per rubare la legna di altri gruppi)». Ogni spazio di raccolta, proseguono i due studiosi, «segna i limiti di una micro unità territoriale precisa e il luogo dell’accensione della vampa si trova sempre all’interno di essa. Si inizia a 'mpustari i ligna dopo che tutti i materiali raccolti sono stati trasportati sul posto. Devono essere selezionati i pezzi più pesanti e voluminosi per ottenere una struttura quanto più resistente: di una vampa è valorizzata non solo l’altezza ma anche la durata e la sua solidità nel sopportare il peso della legna anche dopo lo spegnimento delle fiamme».

«La forma della catasta - riprende il professor Buttitta - è per lo più conica perché deve essere quanto più alta possibile e la sua cima esibisce spesso qualche oggetto curioso. L'accensione, che deve avvenire quannu scura, è un momento considerato pericoloso: ad occuparsene sono perciò i ragazzi più grandi e non devono essere utilizzati materiali che possano interrompere la combustione».

La tradizione legata al folklore prevede che «la sera del 18 marzo i fuochi lampeggino ovunque nei quartieri popolari: la luce e il calore emanati dalle fiamme - conclude l'antropologo - sono al centro dei primi apprezzamenti che si mischiano agli schiamazzi dei bambini. Ancora diffuse sono le invocazioni al Santo . Attorno al fuoco si raccolgono le persone più povere del quartiere e in rarissimi casi vi si butta ancora il pane (ricevuto in dono l’anno precedente da chi aveva fatto il voto a San Giuseppe) tra le fiamme».

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