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Quando i poveri "imitavano" le pietanze dei ricchi: la storia della zucca in agrodolce

PALERMO. Molti non sanno che la zucca in agrodolce, oltre ad essere un piatto tipicamente palermitano, affonda le sue radici in un'antica storia fatta di gusto e tradizione. Chiamato anche "Fegato di Settecannoli", questo piatto si dice che abbia voluto "imitare" il cibo dei ricchi. In origine, si dice che la pietanza sia nata da un piatto a base di fegato fritto impanato e condito con salsa agrodolce di aceto, zucchero e aglio soffritto. Lo stesso condimento che viene utilizzato anche per preparare la zucca. Un prodotto decisamente più versatile e alla portata di gente più povera, come quella che viveva nella borgata palermitana di Settecannoli. Ecco perchè si parla della zucca in agrodolce come di una variante del fegato impanato, ma condito comunque alla stessa maniera. Giusto per richiamare i piatti dei nobili.

Una ricetta spiega come poter cucinare questo piatto. Presi 800 grammi di zucca rossa, olio, aglio, molte foglie di menta, aceto bianco e zucchero si può procedere con la preparazione. La zucca va tagliata a fette spesse 4 millimetri, dimensioni 5×5.

Le fette vanno poi fritte in abbondante olio di oliva,.

Man mano che escono dalla padella, vanno sistemate a strati in una zuppiera di adeguate misure, disponendo sui vari strati una decina di foglie di menta ed un’ulteriore moderata spolverata di sale. A frittura ultimata, nell’olio della stessa padella si lasciano soffriggere quattro spicchi d’aglio, e si aggiungono quattro cucchiai da tavola di aceto bianco nel quale si faranno sciogliere due cucchiai di zucchero.

Il piatto va poi "tenuto a riposo" così composto per almeno mezza giornata per arricchirsi e completare i suoi sapori.

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