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Cernie morte a Ustica: se l’eccessiva tutela diventa un rischio

L'episodio riporta alla mente un’epidemia di alcuni anni fa ma più che di un virus si può trattare di sovrappopolamento

USTICA. Quando la natura decide di tirare dritto per la sua strada e proteggere una specie animale può rivelarsi un pericoloso boomerang. È quello che probabilmente sta accadendo a Ustica, isola vulcanica a pochi chilometri dalla costa palermitana, area marina protetta dal 1986, definita la «perla nera del Mediterraneo» e paradiso dei sub. Qui, da qualche giorno, desta timore il ritrovamento di tre esemplari di cernia morti. Non tanto per il numero in sé ma perché riporta alla memoria di appassionati e studiosi un fenomeno verificatosi diversi anni fa, almeno una decina. Allora molti esemplari morirono per una sorta di epidemia, c'è chi ricorda i pesci galleggiare ad ogni angolo dell'isola.
«È ancora presto per dire come stanno le cose - spiega Paola Gianguzza, biologa marina del Dipartimento Scienze della Terra e del Mare dell'Università di Palermo - , si tratta solo di tre esemplari. Non abbiamo ancora certezze ma la causa potrebbe essere un'infezione da Betanodavirus, un virus che solitamente colpisce animali in cattività, in questo caso invece si tratta di esemplari selvatici in cui la malattia è stata osservata più raramente».

Il virus provoca una malattia chiamata Encefalo-Retinopatia Virale, si trasmette sia per via verticale (dai genitori ai figli) sia per via orizzontale (fra specie ittiche in coabitazione). Il fenomeno riguarda sia le cernie brune che i cosiddetti dotti (cernie di fondale). E lo «stress» potrebbe essere uno degli aspetti che condizionano la malattia.

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