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Liberi di Scegliere, un progetto nato da un accordo firmato a Palermo

È stato illustrato nel corso di un evento promosso dalla Fondazione Bonino Pulejo e Ses

Nessun destino è segnato: è sempre possibile cambiarlo e costruire un futuro diverso, anche quando si cresce all'interno di contesti sociofamiliari criminali. È il principio che guida Liberi di scegliere, il percorso ideato nel 2012 dall'allora presidente del tribunale dei minori di Reggio Calabria Roberto Di Bella, e proseguito poi a Catania dove dal 2020 il magistrato opera con analoghe funzioni.

Quello che nacque come orientamento giurisprudenziale divenne poi una legge regionale in Calabria, nel 2023, e un protocollo interministeriale, siglato nel marzo 2024 tra cinque dicasteri e con l'associazione Libera. Nel settembre scorso l’approdo in Sicilia, con il protocollo siglato tra l'assessorato regionale all'Istruzione, l’ufficio scolastico regionale e l’associazione Biesse-Bene Sociale, guidata da Bruna Siviglia, che negli anni ha svolto una funzione fondamentale, come evidenzia lo stesso giudice Di Bella, per promuovere nelle scuole i concetti alla base dell’interno percorso Giustizia e Umanità-Liberi di Scegliere.

«Per “infiltrare” la mafia, come questa “infiltra” la società. E per demistificare il mito mafioso - chiarisce il presidente - e spiegare che quel tipo di vita non conviene, che si finisce in carcere o ammazzati. È un’esistenza segnata dalle sofferenze proprie e dei familiari».

Proprio in quell’occasione la sottoscrizione del protocollo d'intesa siciliano - i cui contenuti sono confluiti nel disegno di legge - fu presentata a Palermo, nella sede di Palazzo Sclafani, nel corso di un evento promosso - in sinergia con l'Ars e con il Comando militare dell'esercito in Sicilia - dalla Fondazione Bonino Pulejo e da Società Editrice Sud Gazzetta del Sud-Giornale di Sicilia, che con i suoi canali ha da sempre raccontato il progetto, contribuendo a diffonderne l’esperienza e le positive ricadute.

«Ringrazio il presidente Lino Morgante - sottolinea Di Bella - che con la Ses ci ha accompagnato in questo percorso con il quale stiamo aiutando moltissime persone: più di 200 minori e più di 40 donne sono andati via dalla Calabria e dalla Sicilia. Sette di loro sono divenute collaboratrici di giustizia, mentre alcuni boss, dopo l'intervento su figli e nipoti, hanno deciso di collaborare. Attendiamo adesso la legge nazionale, cui sta lavorando la Commissione antimafia, per dare uniformità nelle varie regioni e offrire nuovi strumenti all'amministrazione della giustizia contro la criminalità».

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