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Nomine dei superburocrati alla Regione, la bufera delle vicende giudiziarie

Coinvolti in inchieste anche Letizia Di Liberti e Salvatore Cocina. Palazzo d’Orléans: vicende diverse, legate a fatti amministrativi. Intanto Carmelo Ricciardo ha rinunciato subito all’incarico a capo del dipartimento Istruzione

Bufera alla Regione per il caso del dirigente generale in pectore del dipartimento Istruzione, Carmelo Ricciardo, imputato per turbativa d’asta e corruzione in un’inchiesta del 2019, in un giro di mazzette per alcuni lavori di riqualificazione di vari porti siciliani, tra cui quello di Riposto. Dopo l’articolo sul Giornale di Sicilia di ieri, Ricciardo, una delle 5 new entry tra i 17 dirigenti appena nominati, fa un passo indietro e rinuncia al nuovo incarico. «Ringrazio per la fiducia l’assessore all’Istruzione Mimmo Turano - dice in una nota - ma le condizioni contingenti non mi consentono di continuare. Non accetto di essere al centro di polemiche che danneggiano l’azione del governo Schifani, impegnato su grandi cose per la Sicilia».

Come anticipato dal nostro giornale, all’architetto venivano contestati dalla Procura di Catania sette capi d’accusa, cinque dei quali archiviati dai magistrati di Palermo, sede in cui il procedimento è stato trasferito circa due anni fa per competenza territoriale. Ricciardo è a giudizio e la prossima udienza è fissata per il 27 febbraio. Il governatore, appresa la notizia, si era molto irritato per non essere stato informato. A proporre Ricciardo era stato il leghista Turano che, da noi interpellato, aveva detto di non sapere nulla della vicenda giudiziaria, pur assumendosi la responsabilità della designazione.

A stretto rigore non ci sarebbero cause di inconferibilità dell’incarico, visto che non c’è una sentenza, nemmeno di primo grado, ma da Palazzo d’Orleans filtra che Schifani avrebbe esercitato una garbata opera di moral suasion e di aver trovato la massima disponibilità a non accettare l’incarico. Nell’opera di mediazione sarebbero intervenuti anche i leghisti Nino Germanà e Luca Sammartino, con cui il presidente Schifani è in ottimi rapporti. Il passo indietro di Carmelo Ricciardo «dimostra senso di responsabilità e attenzione verso l’azione del governo regionale - commenta il presidente della Regione -. A Ricciardo va il mio apprezzamento per il servizio reso all’amministrazione. Ribadisco la mia fiducia nella magistratura affinché presto possa fare piena chiarezza». Naturalmente si pone ora il problema della sostituzione di Ricciardo, dopo che la lista era stata appena chiusa a costo di numerose polemiche nella maggioranza che possono riaprirsi. Sullo sfondo della maxi rotazione c’è la direttiva dell’Anac che, per le norme anticorruzione, impone di sostituire chi ha incarichi dirigenziali nello stesso ufficio da cinque anni, specie nelle aree ad elevato rischio.

«Renato Schifani ormai è veramente una macchietta. Qualunque cosa faccia, riesce a scadere nel ridicolo - attacca Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera -. Procede a una rotazione dei burocrati regionali in nome dell’anticorruzione e nomina un burocrate imputato. Noi siamo garantisti ma sinceramente non verificare i procedimenti giudiziari di chi viene nominato è sintomo di inadeguatezza». A chiedere di revocare la nomina era stato anche Nuccio Di Paola, del M5S: «Se è vero che Schifani non era a conoscenza della situazione, è ancora in tempo per tornare sui propri passi». Cosa poi effettivamente avvenuta. Dal punto di vista puramente formale, Ricciardo non era tenuto a dichiarare i carichi pendenti, visto che il modulo che devono compilare gli aspiranti dirigenti generali non prevede tra le cause di inconferibilità l’avere un processo in corso. La legge nazionale a cui fa riferimento la Regione, il decreto legislativo 30 dell’8 aprile 2013, vieta infatti di assegnare incarichi a chi sia stato condannato anche solo in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione. Fra l’altro per la vicenda giudiziaria nei suoi confronti non è stato aperto alcun procedimento disciplinare. La questione resta politica e di opportunità.

E non è un caso isolato: altri neo dirigenti sono infatti coinvolti in vicende giudiziarie. Tra i riconfermati c’è ad esempio Letizia Di Liberti, dirigente cuffariana dell’assessorato alla Famiglia, anche lei imputata come Ricciardo, ma per falso ideologico. Nel processo sui dati Covid ritenuti falsi, in cui è coinvolto anche l’ex assessore alla Salute, Ruggero Razza, la posizione della dirigente è stata trasmessa per competenza territoriale a Roma. All’epoca dei fatti Di Liberti era dirigente del Dasoe e, secondo l’accusa, avrebbe fatto caricare dati non veritieri sul monitoraggio dell’epidemia Covid in Sicilia, inducendo in errore il ministero e l’Istituto superiore di Sanità, che classificarono l’Isola a rischio basso e non moderato. La prima udienza del processo nella Capitale, in cui la Regione si è costituita parte civile, è prevista tra la fine di quest’anno e gli inizi dell’anno prossimo. Anche Salvo Cocina, capo della Protezione civile regionale, è imputato nell’ambito dell’inchiesta di Catania (dove La Procura ha chiesto il giudizio per 32 persone) sulla gestione dei rifiuti da parte della Rap di Palermo e dall’Oikos di Catania. Si tratta comunque di reati per fatti amministrativi legati all’incarico. Da Palazzo d’Orleans su questi due casi filtra solo la volontà di «non comportarsi da Torquemada, perché si tratta di reati diversi dalla corruzione e di due dirigenti generali riconfermati e non completamenti nuovi nel puzzle delle nomine». sto il giudizio per 32 persone) sulla gestione dei rifiuti da parte della Rap di Palermo e dall’Oikos di Catania. Si tratta comunque di reati per fatti amministrativi legati all’incarico.

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