L'Ars ha accantonato la riforma degli enti locali, che formalmente torna in commissione ma in pratica finisce insabbiata e non verrà più rimessa al voto. Preso atto che era impossibile tenere insieme la maggioranza sui singoli articoli, è stato il centrodestra in apertura dei lavori a chiedere di fermare tutto. Il centrosinistra ha provato a opporsi nel tentativo di iniziare a votare e far emergere le spaccature nella coalizione che sostiene Schifani. Ma Forza Italia è comunque riunita a ottenere il rinvio in commissione.
Escono dall'agenda dunque misure contestatissime e che hanno tenuto il Parlamento impegnato per oltre un mese. Non si parlerà più della norma che avrebbe permesso a tutti i sindaci della Sicilia di nominare subito un assessore in più e di quella che avrebbe introdotto la figura del consigliere supplente, cioè il primo dei non eletti che subentra temporaneamente al collega che viene chiamato in giunta.
Per Nuccio Di Paola, leader dei grillini, e Michele Catanzaro del Pd la decisione di accantonare la riforma mette in mostra la debolezza del centrodestra e il fatto che Schifani non ha una maggioranza attorno a sé.
Si fermerà infine anche il dibattito sulla rappresentatività delle donne nelle giunte comunali. La norma in discussione prevedeva l’obbligo per ogni sindaco di riservare il 20% dei posti da assessore alle donne. Ma il fronte trasversale che si è mosso contro questa proposta chiede con forza che il limite venga alzato almeno fino al 40% per adeguarsi a quanto previsto a livello nazionale. E tuttavia col ritiro della riforma c'è un effetto boomerang. Resta in vigore la attuale norma regionale che prevede per ogni sindaco l’obbligo di riservare appena un posto alle donne nelle giunte. Per questo la battaglia di sindacati e associazioni civiche andrà avanti anche al di là della decisione presa dall'Ars.
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