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Palermo, proteste per gli sgomberi nei beni confiscati: «Sbagliato chiedere i soldi agli occupanti abusivi»

Progetto Palermo: «Si rischia una bomba social»

Cominciano a fioccare le ordinanze di sgombero verso le famiglie che hanno occupato gli alloggi in possesso dell’agenzia dei beni confiscati. Al momento, sono circa una decina i nuclei familiari destinatari delle lettere e si calcola che circa un centinaio di famiglie potrebbero ricevere medesima comunicazione. Ad opporsi agli sfratti i consiglieri comunali di Progetto Palermo Mariangela Di Gangi, Massimo Giaconia e Alberto Mangano nel corso della conferenza stampa tenuta oggi (4 aprile) a Palazzo Belvedere, nel cuore del quartiere di Ballarò.

Durante l’incontro, Di Gangi ha attaccato il modus operandi dell’agenzia dei beni confiscati e dell’agenzia delle entrate, che secondo i consiglieri stanno creando una «bomba sociale». Oltre alla notifica di sfratto, i nuclei familiari che negli anni hanno occupato illecitamente gli alloggi sarebbero stati raggiunti anche da un avviso dell’agenzia delle entrate.

«Richieste di indennità di pagamento - dice Di Gangi - che variano dai 15 ai 35 mila euro per la riscossione di canoni di locazione valutati sulla scorta di valutazioni di mercato». Per il consigliere di Progetto Palermo, «l’agenzia dei Beni Confiscati deve collaborare alla risoluzione dell’emergenza abitativa come ha scelto di fare il Comune, che su questo ha una idea chiara: le case vanno alle famiglie che hanno bisogno».

E continua: «Le famiglie che già vivono all’interno di un bene confiscato (occupato) avrebbero la possibilità di regolarizzare la propria posizione, sanando le occupazioni - fa notare Di Gangi - ed è una novità di cui l’agenzia deve tenere conto». «Vogliamo coinvolgere le istituzioni a tutti i livelli - spiega Giaconia - il Comune da solo non riuscirebbe mai a disinnescare questa bomba. Abbiamo pensato di chiedere un incontro con il prefetto e aprire un tavolo di crisi. Parliamo di soggetti fragili e bambini per i quali bisogna trovare una soluzione strutturale e non tampone, che serve solo a rinviare il problema».

Per Alberto Mangano si tratta di un richiamo «alle proprie responsabilità sui problemi della postar società. Non vorrei che su questa posizione assunta dall’Agenzia dei Beni Confiscati abbia giocato un ruolo il governo nazionale - attacca - perché si tratta dalla medesima assunta qui a Palermo da Fratelli di Italia, cioè di non allargare l’offerta alle famiglie bisognose».

Parlano Mariangela Di Gangi, Massimo Giaconia e Alberto Mangano, consiglieri comunali di Progetto Palermo

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