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La stretta di Roma sulle deroghe: stop al Superbonus, imprese in rivolta in Sicilia

Previsto un ammanco di circa 200 milioni di euro e una perdita di almeno il 10% di posti di lavoro

Due cifre, entrambe da far tremare i polsi, la prima (ad essere ottimisti) recuperabile nel tempo, la seconda, invece, destinata ad aumentare: da una parte, un ammanco di circa 200 milioni di euro, dall’altra, una perdita di almeno il 10% di posti di lavoro. Sono gli effetti, sulle imprese edili dell’Isola, di ciò che resta del Superbonus, tra le ricadute postume dell’incentivo e le possibili conseguenze del nuovo decreto in materia, varato dal governo nazionale e destinato – secondo le bozze circolate in queste ore – a dare il colpo di scure definitivo alla misura, eliminando le residue fattispecie per le quali risulta ancora vigente la cessione del credito e lo sconto in fattura al posto delle detrazioni, possibilità finora limitate agli enti del Terzo settore e alle zone terremotate.

Un provvedimento «che rappresenta l’ennesima stretta per un settore già messo a dura prova dalla marcia indietro azionata mese dopo mese sul bonus», sottolinea Matteo Pezzino, presidente di Confartigianato Anaepa Edilizia Sicilia, ricordando i passaggi precedenti, quelli che hanno ridotto l’aliquota dell’incentivo dal 110% fino al 70%, e provando a quantificare le conseguenze dell’ultima «batosta». Perché se è vero, come certifica l’Osservatorio economico di Confartigianato, che nei primi mesi del 2024 la domanda di lavoro tra le aziende edili della regione risulta in negativo del 7% su base annua proprio a causa della perdita di spinta del Superbonus, «allora, con la fine delle cessione del credito e dello sconto in fattura questo gap sarà destinato ad allargarsi, arrivando nel breve termine al 10% e oltre».

Preoccupato anche Piero Giglione, segretario della Cna Sicilia, «perché il nuovo giro di vite si tradurrà in un altro, duro colpo per le imprese, soprattutto nell’Isola, dove l’artigianato edile è uno dei principali settori dell’economia. Cambiare le regole del gioco tante volte in così poco tempo oltre a danneggiare le aziende che avevano già avviato gli iter burocratici, genera incertezza e difficoltà. Inoltre non possiamo accettare l’esclusione dei paesi della zona etnea dall’elenco delle aree colpite dal sisma per le quali sono state mantenute le agevolazioni» - nel decreto si profilano eccezioni per gli immobili danneggiati dagli eventi sismici del 2009 e 2016 in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria - «e per questo chiediamo al governo di ritornare sui propri passi e non discriminare i paesi del Catanese colpiti dal terremoto di Santo Stefano del 2018, ma anche di mantenere lo statu quo ante sul Terzo settore».

Spera in correttivi pure il segretario di Anaepa Sicilia, Vittorio Schininà, rimarcando che con il nuovo decreto, «per potere continuare ad usufruire dei benefici vengono richiesti specifici requisiti o ancora, a rischio esclusione, saranno quelle imprese che hanno contratto debiti con l’erario o l’Agenzia delle entrate.

Tutto questo senza considerare che da quando i crediti fiscali sono rimasti incagliati, sono tantissimi gli imprenditori che hanno dovuto operare delle scelte aziendali, dando priorità al pagamento di fornitori e impiegati e accumulando ritardi nelle contribuzioni». E qui si apre l’altra questione: quanto risulta, ad oggi, «bloccato» nei cassetti fiscali delle aziende siciliane a causa della «bolla» Superbonus? Saperlo con precisione, spiega accora Pezzino, «è impossibile, ma si può fare una stima: si tratta di circa 200 milioni di euro. Le attività più esposte sono quelle più strutturate, che hanno accettato i lavori più cospicui, ma anche le piccole, soprattutto quelle nate sull’onda del bonus, che non avevano maturato esperienza». Un’altra stima? «Almeno il 15% delle oltre 50mila imprese delle costruzioni operative in Sicilia», ossia quasi 8.000 unità. Pezzino resta comunque fiducioso sulla possibilità che i crediti vengano recuperati.

Ottimista pure Giuseppe Puccio, presidente di Ance Palermo, «perché il Superbonus, va ricordato, è ancora attivo, almeno per chi ha iniziato e pagato una prima tranche di lavori», dunque il tempo per “sbloccare” i cassetti c’è tutto, e «ci sarà anche per finire i cantieri aperti nella regione», pari, secondo le ultime rilevazioni dell’Enea, al 7% del totale (tre mesi fa si parlava del 18%) per quasi 500 milioni di euro già ammessi a detrazione. Intanto, per quanto trapelato in tarda serata da Roma, prima della bollinatura l’esecutivo avrebbe rivisto il decreto, da una parte, facendo rientrare nella partita le Onlus, ma solo se hanno già presentato le Cilas, e dall’altra bloccando definitivamente la possibilità di utilizzare il bonus al 70% per tutte le aziende che non hanno ancora iniziato le opere. Quest’ultimo ritocco, commenta Puccio, «rappresenta, di fatto, il colpo di grazia all’incentivo».

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