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Avvisò una coppia di un'indagine su abusi edilizi: non è reato, assolto il sindaco di Cefalà Diana

Il Comune aveva ricevuto dai carabinieri una richiesta di documenti. La difesa di Cangialosi ha dimostrato che quello non era un atto segreto e che l'intento del loro assistito era solo eliminare un'illegalità

Giuseppe Virgilio Cangialosi, sindaco di Cefalà Diana

Assolto perché il fatto non sussiste. Con questa motivazione il Tribunale di Termini Imerese ha respinto l’accusa mossa nei confronti di Giuseppe Virgilio Cangialosi, 68 anni, sindaco di Cefalà Diana. Cangialosi, detto Pippo, oggi al suo secondo mandato di primo cittadino del piccolo comune, era stato indagato con l’accusa di avere fatto uso, illegittimamente, di notizie riservate, utilizzate per fare rimuovere alcuni abusi edilizi sui quali era in corso una indagine dei carabinieri.

La vicenda risale al febbraio 2020, quando i militari della stazione di Villafrati avevano inviato una pec al Comune di Cefalà Diana per richiedere la documentazione relativa alla proprietà di un terreno di contrada Piano Vignazze. Dietro questa istanza si celava il sospetto che nell’area fossero stati costruiti immobili privi di autorizzazione edilizia. Dall’ufficio protocollo la nota era stata inoltrata al sindaco.

È a questo punto che, secondo il pubblico ministero Alessandro Macaluso, Cangialosi avrebbe abusato della sua posizione, in violazione dei doveri inerenti la sua funzione. Avrebbe informato i proprietari, i coniugi M. C. D. M. e G. C., dell’indagine in corso nei loro confronti. Per di più, una volta accertata la presenza di due manufatti privi di concessione edilizia e per evitare ai suoi concittadini di incorrere in sanzioni, il sindaco avrebbe anche suggerito loro di fare rimuovere tempestivamente una tettoia. Un reato, secondo l’accusa, previsto dall’articolo 326 del codice penale, tanto che, nel dicembre 2021, il pm aveva richiesto il rinvio a giudizio di Cangialosi. La richiesta era stata, già nel gennaio 2022, accolta dal giudice per l’udienza preliminare Bencivinni. L’imputato si è sempre dichiarato innocente.

Nel corso delle successive sei udienze il pm ha chiamato a deporre i carabinieri della stazione di Villafrati, mentre la difesa del sindaco, rappresentata dagli avvocati Rosaria Messina e Angelo Brancato del foro del capoluogo, ha interrogato gli impiegati dell’ufficio protocollo del Comune. I legali hanno sostenuto dal primo momento che il sindaco non aveva utilizzato informazioni riservate, cercando così di dimostrare al collegio giudicante come l’atto in questione non fosse segreto. «Non vi era una conoscenza “qualificata” dell’atto da parte del sindaco - spiegano gli avvocati -. La nota inviata dai carabinieri era stata divulgata anche in tanti altri uffici comunali, proprio perché non presentava un particolare carattere di riservatezza. Era infatti stata trattata alla stessa stregua della corrispondenza proveniente da qualsiasi altro ente pubblico». Tesi respinta dal pubblico ministero che al termine del dibattimento aveva chiesto la condanna di Cangialosi a sei mesi di reclusione.

Il Tribunale (presisente Potestio, componenti Quattrocchi e Stuppia), secondo quanto si legge sul dispositivo pubblicato ieri (7 marzo), ha invece accolto la richiesta della difesa. «Assolto perché il fatto non sussiste», si legge nella sentenza. «Abbiamo dimostrato - dichiarano i legali - che il nostro assistito non ha rivelato alcun segreto. Ad ogni modo, il primo cittadino si era solamente adoperato per far rimuovere un abuso, la sua intenzione era quella di ricondurre alla legalità una situazione che si presentava irregolare». Entro novanta giorni verranno pubblicate le motivazioni della sentenza. Il pm avrà a disposizione altri 45 giorni per valutare se impugnare o meno la sentenza.

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