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In Sicilia posto fisso ai precari storici, anche i Comuni in predissesto potranno stabilizzarli

Il Milleproroghe approvato a Roma sblocca il tanto atteso varo dei contratti a tempo indeterminato. Gli enti locali: «Figure ormai imprescindibili». In ballo ci sono oltre 1.400 lavoratori

Manifestazione di precari della Regione Siciliana davanti a Palazzo d'Orleans (foto Fucarini)

La norma era attesa da mesi, dalle amministrazioni coinvolte, dai sindacati e, soprattutto, dai circa 1400 lavoratori in gioco. Attesa e ampiamente prevista, ma non con tale portata, perché il testo di legge in questione, avallato in modo bipartisan della politica, contenuto nel decreto Milleproroghe varato a Roma e pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale, per la platea dei destinatari supera le più rosee aspettative: i dipendenti comunali precari «potranno essere assunti dagli enti locali della Regione Siciliana», anche «in deroga, fino al 31 dicembre 2024, in qualità di sovrannumerari, alla dotazione organica».

Tradotto in altri termini, è il via libera alla stabilizzazione di tutti gli impiegati in scadenza di contratto. Un disco verde che, in un primo momento, si pensava arrivasse solo a metà, fino a prorogare al massimo di un altro anno il servizio, sbloccando le risorse ad hoc messe a disposizione dalla Finanziaria. Ma il Milleproroghe è andato oltre, concedendo, come già avvenuto in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, anche ai Comuni dell’Isola, pure ai 120 in dissesto o predissesto e dunque al di là dei vincoli imposti dalle criticità finanziarie, di mettere fine alla precarietà del proprio “esercito” in scadenza, facendo leva sugli oltre 170 milioni di euro previsti dalle leggi regionali del 2014 e del 2016, “storicizzati” negli anni, prorogati nell’ultima manovra varata a Palermo e utilizzabili fino al 2038.

Ma per le assunzioni a tempo indeterminato non si sarà tutto questo tempo a disposizione: le amministrazioni locali avranno altri dieci mesi, e, va ricordato, nessun obbligo a prorogare i contratti né a stabilizzarli. A ragion veduta, però, non c’è alcun motivo per non procedere in tal senso, non solo e non tanto perché a pagare sarà la Regione, ma perché il personale in questione svolge mansioni imprescindibili per far funzionare la “macchina” dei municipi, compresi i delicati uffici tecnici, mentre buona parte dei Comuni siciliani è vessata da carenza di organico, tanto che molti sindaci, già a dicembre 2023, avevano provveduto in ordine sparso e con ordinanze urgenti a rinnovare di qualche settimana i precari in servizio, proprio in attesa del sigillo di Roma.
In tutto, secondo i calcoli dell’assessorato regionale alle Autonomie locali, si tratta di 1.429 persone, 300 delle quali operative all’interno degli enti in riequilibrio, 612 in quelli che si trovano in stato di dissesto finanziario e ulteriori 517 utilizzate in virtù della legge regionale del 2014.

Per l’assessore al ramo, Andrea Messina, «è un segnale importante di attenzione del Parlamento nazionale verso l’Isola. Poter finalmente parlare di assunzione per questi lavoratori è una vittoria importante che dà sollievo non solo alle tante famiglie che da anni attendono certezza lavorativa ed economica ma anche agli enti, che potranno finalmente contare su risorse certe».
Plaude il presidente dell’Anci Sicilia, Paolo Amenta, che «dopo aver risolto il problema con la stabilizzazione dei precari», si augura adesso che «la Regione, a sua volta, faccia un ulteriore passo in avanti per avviare l’integrazione oraria a beneficio di tutto il personale precario senza il quale in molti Comuni non si potrebbero assicurare i servizi essenziali ai cittadini».
Esulta il segretario generale della Cisl Fp Sicilia, Paolo Montera, per «il nuovo risultato incassato» dal sindacato «nella sua battaglia storica contro il precariato nella pubblica amministrazione. Abbiamo lavorato per mesi per raggiungere questo traguardo, cercando fortemente un’azione di sistema che coinvolgesse il governo regionale e l’intera deputazione siciliana a Roma, sia di maggioranza sia di opposizione, perché soltanto così la pluridecennale vertenza si sarebbe potuta esaurire con un risultato favorevole». In questo modo, conclude il segretario, «si pone finalmente rimedio a quello che sarebbe stato un grave vulnus, a cui l’Ars aveva posto una parziale soluzione con una norma ponte votata all’interno della Finanziaria. La norma nazionale, infatti, avalla e consente la definizione del percorso avviato a Sala d’Ercole. Gli enti locali, ora, non hanno più alibi: procedano velocemente all’attivazione degli iter».
Tirano un sospiro di sollievo pure Giuseppe Badagliacca, Gianluca Cannella e Giuseppe Cardenia del sindacato Csa-Cisal Sicilia, che «ha sempre sostenuto la necessità di una previsione normativa nazionale e non regionale per chiudere la vertenza. Adesso siamo pronti a collaborare con i Comuni interessati per la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato».

 

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