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Alla convention Mpa Miccichè in prima fila, Lombardo a Schifani: «Qui si fa solo ciò che viene deciso a Roma»

«O accettiamo la logica del confronto politico franco e aperto - dice l'ex presidente della Regione - oppure non ha senso per me andare a Palazzo d’Orleans. L’autonomia confligge con la pratica che io vedo esercitare indegnamente da quelle parti, dell’adulazione, della delazione e del servilismo»

In prima fila alla convention del Mpa, in corso a Palermo, c’è Gianfranco Miccichè, che ha lasciato la carica di leader di Forza Italia in Sicilia dopo i contrasti con il presidente della Regione, l’azzurro Renato Schifani. A invitare Miccichè è stato il leader degli autonomisti Raffaele Lombardo, che ha raccolto la classe dirigente del partito per fare il punto dopo il patto federativo con la Lega di Matteo Salvini. Un’alleanza strategica per le Europee del prossimo anno quella tra Lega e Mpa con un peso politico rilevante in Sicilia.

Un appuntamento, quello di Palermo, che è anche l'occasione per mandare messaggi precisi al presidente della Regione Renato Schifani e alla maggioranza che lo sostiene.  «Per circa 10 anni - esordisce il leader dell’Mpa Raffaele Lombardo, che a sua volta è stato presidente della Regione - non ho messo piede nei palazzi: a Palazzo dei Normanni sono stato un paio di volte a trovare il presidente dell’epoca Gianfranco Miccichè e mi avevano invitato poi a parlare del caso Montante in commissione regionale Antimafia. Mai messo piede a Palazzo d’Orleans. Che ci vadano altri dirigenti, perché o accettiamo la logica del confronto politico franco e aperto, oppure non ha senso. L’autonomia confligge con la pratica che io vedo esercitare indegnamente da quelle parti, dell’adulazione, della delazione e del servilismo». Lombardo attacca senza freni. «Se si preferiscono questi “valori” - ha detto - noi non abbiamo dove andare, io da quelle parti non mi faccio sicuramente vedere. Se invece una volta e per tutte si vuole cominciare a ragionare tra persone che hanno tutte le proprie idee, le proprie proposte e la propria dignità allora sicuramente noi ci possiamo sedere per dire sì o per dire no».

Lombardo rivendica la sua idea autonomista. «Oggi - argomenta - c’è un centralismo di quella Roma, che mi sento di dire ladrona veramente, delle lobbies, degli affari e dell’incapacità a governarci più liberamente le nostre risorse. Il nostro progetto autonomista avrà tanti ostacoli, perché al di là dei governi che cambiano, ci sono alcune strutture centralistiche, come la burocrazia dei ministeri e i poteri forti che vanno avanti indebolendo le Regioni più deboli». A suo giudizio, «oggi lo spirito autonomistico è veramente molto attenuato. C’è un prevalere al riferimento ai partiti nazionali che è qualcosa di incredibile. Oggi se bisogna smuovere un tavolo o una sedia in uno dei palazzi del governo regionale, si dice vediamo che dice Roma. Ecco perché ci stiamo incontrando oggi, perché questo spirito dell’autonomia, della libertà e dell’orgoglio rinasca. Cerchiamo di essere orgogliosi di essere siciliani e autonomisti, cerchiamo di diffonderlo».

Sulla sanità, dice Lombardo, «si faccia come meglio si possa fare, si individuino dei criteri ma si esca da questa impasse. Leggevo oggi su un giornale che ora i 49 nomi vengono sfrondati e si arriva a 38, sapevamo che erano 95, poi abbiamo letto che erano 49, poi sono usciti gli eccellenti 11, ora si arrivano a 38. Ma così si finisce a confusone, c’era un bando e c’era scritto che si sarebbe fatto una sola rosa dei nomi senza graduatorie. Il mandato di un dirigente generale va dai 3 ai 5 anni, qui stiamo andando verso i 6 anni, e gli ultimi due anni in una condizione di precarietà, di incertezza e di proroga che sta portando al fallimento della sanità siciliana». E rivolto all'ex leader forzista e al suo assessore nella giunta Schifani, ammonisce: «Battetevi caro Roberto Di Mauro e caro Gianfranco Miccichè perché nella sanità si privilegi il pubblico, perché io temo che consapevolmente o inconsapevolmente si sta scivolando verso la sanità privata».

Poco tenero il leader dell'Mpa è anche con Cuffaro e con la sua nuova. «La mia area politica nel '92-93 - spiega - faceva capo in Sicilia a tre uomini che si chiamavano Calogero Mannino, Sergio Mattarella e Rino Nicolosi: tre grandi politici, io ero più legato al primo; il secondo è oggi uno stimatissimo presidente della Repubblica, il terzo fu un grande presidente della Regione Siciliana. Quella era la Dc: ora io mi posso chiamare "Organizzazione delle nazioni unite", ma faccio ridere. Quella fase storica si è conclusa, tanto per essere chiari».

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