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Sanità pubblica siciliana al collasso, protesta a Palermo: «La salute non si vende»

Fuga di medici dal pubblico al privato e liste d’attesa infinite. L’emorragia della sanità siciliana preoccupa e non poco sindaci e sindacati, che oggi pomeriggio (27 ottobre) sono scesi in piazza a Palermo compatti per difendere un settore pubblico al collasso. Da piazza Bologni, nel pieno centro storico, centinaia di persone si sono riunite dietro lo striscione «La salute non si vende, la sanità si difende», sfilando lungo la via Maqueda e raggiungendo piazza indipendenza dove la protesta si è conclusa con un sit in.

«Siamo difronte al collasso del sistema sanitario pubblico - Laura Di Martino, segretaria Cgil - liste d’attesa infinite, pronto soccorso intasati, ospedali provo di reparti, medicina territoriale inesistente: chiediamo al governo regionale di ripartire dalle basi, non pensare alla spartizione delle poltrone e porre fine alle liste d’attesa infinite». Sotto accusa il valzer di nomine dei manager, per adesso stoppato dalla proroga decisa da governo Schifani fino al 31 gennaio 2024. «Nulla va per il verso giusto - attacca Ernesto Melluso, medico degli ambulatori popolari - il cittadino lo riscontra ogni giorno, quando va al pronto soccorso, quando chiede una prestazione: vere e proprie odissee anche per procurarsi i farmaci»

I riflettori si accendono anche sulla divisione dei fondi tra sanità pubblica e privata: «Non è accettabile che venga dato il 50% per uno - prosegue Melluso - che il privato debba avere un ruolo all’interno della gestione delle prestazioni sanitarie è un fatto, ma questo non può mai essere sostitutivo o integrativo del pubblico, deve essere ausiliario. Pubblico e privato hanno potenzialità diverse». Diverse le testimonianze durante la protesta di chi è vittima delle lunghe liste d’attesa e non può permettersi di deviare sulle cliniche private: «Sono invalida al 100% - racconta la signora Annarella, novantenne - dovevo fare delle analisi del sangue e mi hanno chiesto 120 euro. Io di pensione ne prendo 500. Chi ha la forza di poter sostenere queste spese, dove siamo finiti?».

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