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La droga dei vip a Palermo, Miccichè ammette: «Solo coca, 3-4 volte al mese»

Emergono altri particolari dal verbale del deputato sentito come teste dai magistrati che indagano sulla rete di spaccio che faceva capo a Villa Zito

Gianfranco Micciche

«Come ho sempre detto è capitato che acquistassi droga da Di Ferro. Sempre e solo cocaina. Non lo consideravo e non lo considero uno spacciatore»: parola di Gianfranco Miccichè, deputato regionale ed ex presidente dell’Ars, che è stato sentito a sommarie informazioni testimoniali nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Palermo sulla droga a vip ceduta dallo chef e imprenditore Mario Di Ferro. Le dichiarazioni di Miccichè sono finite agli atti dell’inchiesta che ha portato ai domiciliari Di Ferro, che giovedì - assistito dal suo legale, l’avvocato Claudio Gallina Montana- è stato interrogato dal gip Antonella Consiglio e dal sostituto procuratore Giovanni Antoci. L’indagine ha portato all’arresto dei fratelli Gioacchino e Salvatore Salamone e alla misura cautelare dell'obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria per tre dipendenti del ristorante di Villa Zito: Pietro Accetta, Gaetano Vara e Giuseppe Menga.

Miccichè - che non è indagato - ha confermato quello che poi ha detto Di Ferro nell’interrogatorio di garanzia: con lo chef e imprenditore «c'è una grande amicizia» e «andavo da Di Ferro perché lui sapeva dove andare a prendere la cocaina». Poi ha aggiunto: «Non lo consideravo e non lo considero uno spacciatore». E la precisazione sull’aspetto che Di Ferro ha sottolineato, quello di non aver guadagnato nel suo ruolo di acquirente e venditore di cocaina - anche se su questo punto la Procura continua le sue indagini, sulla base di una intercettazione di una frase pronunciata da Di Ferro.

Ha detto a verbale Miccichè: «Di Ferro mi chiede del denaro, lui comprava la cocaina e io dovevo pagarlo». La fornitura avveniva «tre, quattro volte al mese. Quando ero presidente dell'Ars davo appuntamenti a molte persone a Villa Zito». Agli atti pure le dichiarazioni di Giancarlo Migliorisi, assuntore e non indagato: «Bottiglie, posti a sedere? Era un linguaggio in codice».

«A differenza della destra che governa questo Paese, noi abbiamo fiducia nel lavoro della magistratura, che speriamo chiarisca ogni aspetto di questa vicenda», ha detto Elly Schlein, segretario del Pd, a Palermo per un convegno sul Pnnr.

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