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Palermo, il contenzioso Comune-Amat è un baratro da 120 milioni di euro

Uno spettro s’aggira per Palazzo delle Aquile, la sede del Comune di Palermo. Ed è il contenzioso tributario con Amat, l'azienda dei trasporti pubblici, che ha un valore intorno a 120 milioni di euro. Su cui il sindaco, Roberto Lagalla, vuole mettere la parola fine in una maniera che, però, blindi le mosse dell’amministrazione. Una delle questioni principali riguarda la montagna di milioni che a titolo di Tosap (occupazione suolo pubblico) e Tari viene chiesta alla società partecipata per la gestione delle zone blu. Ci sono sentenze passate in giudicato e pareri dell’avvocatura comunale che suggerirebbero di finirla con questa storia, visto che la concessione di suolo è «rivolta unicamente a consentire la gestione del pubblico parcheggio e del correlativo potere di esazione delle somme dovute dagli utenti». A questo punto, il primo cittadino vuole essere certo delle scelte che bisognerà prendere. E vuole corroborare il giudizio dei suoi uffici con il parere di qualche esperto della materia. Si è rivolto, per questo, all’avvocato Lucio Geraci, esperto in diritto commerciale e societario, che ha rilasciato un parere pro veritate che non lascia spazio a molti dubbi.

Ma andiamo con ordine. L’avvocato capo del Comune, Vincenzo Criscuoli, lo scorso 30 marzo aveva ravvisato la necessità di cessare transattivamente tutto il contenzioso Tosap «mediante reciproca rinuncia agli atti pendenti». Inoltre, chiedeva di annullare in autotutela gli avvisi di accertamento Tosap non impugnati da Amat, tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale favorevole alle posizioni della partecipata. Criscuoli, tuttavia, ritiene che in questo atto di transazione Amat debba riconoscere il pagamento della Tari e la necessità di rinunciare all’atto di diffida e messa in mora contro Palazzo delle Aquile. Si tratta del siluro che l’allora presidente, Michele Cimino, sganciò il 3 marzo del 2020, chiedendo 111 milioni e 76 mila euro. Si tratta di crediti e interessi per oltre 17 milioni, relativi al 2017 e agli anni precedenti, cui si somma la richiesta di annullamento del pagamento preteso di Tarsu, Tari e Tosap e la richiesta di saldare gli arretrati previsti dal contratto di servizio a fronte della prestazione del trasporto tranviario. E solo per il servizio su gomma l’Amat pretende dal Comune una media di 26 milioni all’anno di arretrati dal 2016 al 2019. Si tratta della differenza con quei famosi 30 milioni che sarebbero dovuti arrivare con l’istituzione della grande zona a traffico limitato, poi ridimensionata all’attuale (in seguito alle sentenze del Tar) che produce incassi solo per poco più di 3 milioni all’anno, anziché 30.

Tutto ciò considerato, Geraci ritiene che l’impostazione di Criscuoli sia sostanzialmente corretta. Il professionista, interpellato dal sindaco, non condivide le deduzioni che aveva presentato Maria Mandalà, capo area del settore Tributi, secondo la quale non si può procedere a d annullamento in autotutela degli avvisi di accertamento del tributo Tosap 2014 «che non essendo stati impugnati entro i termini di legge formano già cartella esattoriale». Né, sostanzialmente per lo stesso principio, si può proporre transazione sull’atto perché «avrebbe a oggetto obbligazioni tributarie pendenti». Questo ragionamento, però, non è condiviso da Geraci che invece ritiene che annullamento in autotutela è «pacificamente riconosciuto anche in pendenza di giudizio nell’ipotesi di illegittimità dell’atto». Insomma, i due avvocati (uno interno e l’altro esterno all’amministrazione) sono in sintonia sulle modalità da adottare per porre fine a un annoso duello. Queste passano per dire addio all’imposizione della Tosap, annullare le cartelle emesse e stracciare da parte di Amat l’atto di diffida e messa in mora.

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