Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

I boss che rischiano di tornare liberi, magistrati in rivolta: «Cambiare subito la riforma Cartabia»

Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia

«Le recenti notizie di stampa in ordine alla probabile revoca di misure cautelari per reati diventati procedibili a querela, pur quando sia contestata l’aggravante del metodo mafioso o dell’agevolazione mafiosa, impongono un ripensamento, in tempi rapidi, delle scelte del legislatore». A chiedere di cambiare subito la riforma Cartabia in queste ipotesi è il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia, interpellato dall’Ansa.

«In presenza di tal tipo di aggravanti anche il reato che, in astratto, può sembrare di non particolare gravità, assume una fisionomia incompatibile con l'affidamento alle singole persone offese della possibilità di perseguirlo in concreto, secondo logiche di deflazione del carico giudiziario che sono accettabili soltanto in riferimento a reati autenticamente bagatellari», afferma Santalucia.

Il caso cui fa riferimento l’Associazione magistrati è quello che tiene banco in queste ore: a causa della mancanza della la querela delle vittime, condizione di procedibilità introdotta per certi reati come quello di lesioni, nel 2022, dalla riforma Cartabia, la Procura di Palermo ha dovuto chiedere l’inefficacia della misura cautelare per tre boss, imputati di lesioni aggravate dal metodo mafioso. Le vittime, interpellate dal giudice come prevede la norma, si sono infatti rifiutate di querelare i capimafia. Ai pm non è rimasto che chiedere la revoca della misura.

Dal ministero della Giustizia viene precisato che ci sono due anni di tempo per tutti gli eventuali necessari correttivi alla riforma Cartabia. Fonti di via Arenula interpellate dall’Ansa lo ricordano proprio in relazione ala vicenda dei tre boss palermitani, imputati di lesioni aggravate dal metodo mafioso, per i quali la procura di Palermo ha dovuto chiedere l'inefficacia della misura cautelare perché le vittime non hanno presentato querela.

«L'aggravante del metodo mafioso - sottolinea invece Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale che fu consigliere giuridico del ministro Cartabia - è stata introdotta dopo le stragi di mafia degli anni Novanta, da più di trent'anni, quando il codice già prevedeva oltre quaranta reati procedibili a querela. Ci si preoccupa oggi, quindi, di un problema che, se esiste, esiste da trent'anni, ben prima della riforma Cartabia». A proposito del caso di Palermo, Gatta fa notare che le lesioni guaribili in venti giorni, se aggravate dal metodo mafioso, erano già procedibili a querela prima della riforma Cartabia.

Tag:

Caricamento commenti

Commenta la notizia