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Da 55 sindaci siciliani di ogni colore politico l'appello a Draghi: «Vai avanti, serve stabilità»

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente del Consiglio Mario Draghi

Un nuovo appello a Mario Draghi per andare avanti «perché serve stabilità» arriva questa volta da cinquantacinque sindaci siciliani di ogni colore politico che hanno condiviso la lettera aperta partita dai sindaci delle principali città italiane. Un appello «bipartisan» dei primi cittadini della Sicilia che esprimono preoccupazione per la crisi di governo «generata da comportamenti irresponsabili di una parte della maggioranza». I sindaci siciliani chiedono a Mario Draghi di andare avanti perché c'è bisogno di «stabilità, certezze e coerenza per continuare la trasformazione delle nostre città perché senza la rinascita di queste non rinascerà neanche l’Italia».

«La Sicilia - dice Filippo Tripoli, sindaco di Bagheria e responsabile regionale Enti Locali di Italia Viva - non può consentirsi di perdere il treno del Pnrr, con 20 miliardi che ammoderneranno le infrastrutture dell’isola, né può permettersi che le misure del governo in favore delle famiglie e delle imprese vengano messe in discussione da forze irresponsabili che invece di pensare al futuro delle comunità, sono già in campagna elettorale».

No di Musumeci

Contrario a ogni appello a Draghi affinché resti a Palazzo Chigi è il presidente della Regione Nello Musumeci. «Da sempre - sottoscrive Musumeci in una nota congiunta assieme al presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio e a quello della Regione Marche Francesco Acquaroli - crediamo che l’Italia abbia bisogno di un governo con un chiaro mandato popolare, coeso e con un programma condiviso dalle forze politiche che lo sostengono per risolvere i problemi concreti dei cittadini. È l'esatto contrario di quello che abbiamo visto in questa legislatura, caratterizzata da Esecutivi nati nel Palazzo e appoggiati da partiti divisi su tutto». Per i tre presidenti, «la crisi del governo presieduto da Mario Draghi - si legge nella nota - ne rappresenta solo il triste epilogo e non sottoscriveremo nessun appello affinché resti a Palazzo Chigi. Non condividiamo questa iniziativa, lanciata da alcuni colleghi, sia nel merito che nel metodo. Nel merito: crediamo che in questo momento l’Italia possa permettersi tutto tranne che un governo immobile, paralizzato dai giochi di palazzo e dagli scontri tra i partiti di maggioranza. Nel metodo: un presidente di Regione o un sindaco rappresentano anche i cittadini che vogliono andare a votare e non possono permettersi di utilizzare le istituzioni che rappresentano per finalità politiche o, peggio, di partito. Sono forzature che chi ricopre un ruolo istituzionale non può permettersi, né tanto meno promuovere», concludono i governatori.

La pentastellata Cimino: sì alla fiducia

«Mercoledì voterò la fiducia se sarà necessario, mettendoci come sempre la faccia, perché sono convinta che sia più utile votare la fiducia alla responsabilità piuttosto che fare un insensato salto nel buio». Lo dice la deputata del Movimento 5 Stelle Rosalba Cimino, parlando all’assemblea congiunta del Movimento. La parlamentare siciliana precisa che la sua scelta è figlia di una lunga riflessione: «Non votare la fiducia al governo - dichiara - significa causare una crisi che non è mai stata deliberata dalle assemblee che si sono tenute in queste ultime settimane, né tantomeno questa scelta è stata sottoposta ai nostri attivisti. Sono perplessa perché la gente fuori non sta capendo cosa sta avvenendo e allo stesso tempo sono preoccupata perché mentre noi stiamo a dibattere da settimane dovremmo ricordarci che c'è una guerra in corso nel cuore dell’Europa e che stiamo vivendo la peggiore crisi economica degli ultimi tempi». «Senza un governo - continua Cimino - le misure realizzate in favore dei cittadini e delle imprese e non potrebbero essere realizzate: salario minimo, sostegno sul caro bollette e Pnrr. Inoltre uscire dal governo significherebbe anche far spazzare via le due misure che stanno tenendo in vita le famiglie italiane e le imprese: reddito di cittadinanza e bonus 1110%». La deputata, dicendosi delusa per ciò che è avvenuto all’interno del Movimento, sostiene che la crisi di governo porterebbe solo esiti negativi: «Faccio questo - precisa - non per paura di perdere la poltrona ma per paura di dover raccontare a mio figlio che sua mamma, quando aveva il potere di cambiare le cose, ha preferito scappare piuttosto che lottare per un mero tornaconto elettorale».

 

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